mercoledì 12 novembre 2014

EXPO Milano 2015 - L'ALIMENTAZIONE E IL CIBO NELLA BIBBIA - relazione tenuta dall'Arcivescovo Mons. Giovanni Climaco Mapelli


CHIESA CRISTIANA ANTICA CATTOLICA E  APOSTOLICA

DIOCESI DI MONZA PER L’ITALIA



                         EXPO 2015

Milano, 10 novembre 2014  –  Palazzina Liberty

<p>L’ALIMENTAZIONE E IL CIBO NELLA BIBBIA</p>



La mia relazione di questa sera vuol essere
un semplice contributo alla riflessione più generale sul tema centrale
dell’EXPO 2015, che è incentrato sull’Alimentazione dell’Uomo del Terzo
Millennio, l’uomo di oggi nel mondo ormai globalizzato.

Non sarà una relazione tecnica e nemmeno
scientifica per quanto attiene alle scienze dell’alimentazione moderne, poiché
non è questa la mia competenza, bensì un breve cammino dentro la cultura e la
storia, la religione e i suoi simboli in merito al tema del cibo e
dell’alimentazione umana come dono di Dio e in rapporto alla divinità.

Considerando la Sacra Scrittura, quella che
popolarmente viene chiamata la “Bibbia”, noi troviamo molti passi legati al
tema del cibo e dell’alimentazione :

in Genesi, primo libro biblico della Torah
ebraica, vi sono vari passaggi riferiti al tema: subito al termine della
creazione Jahvè Dio offre all’uomo e alla donna i beni del paradiso terrestre e
tutti i frutti degli alberi perché ne godano, proibendo però quel “frutto della
conoscenza del bene e del male “ che sta al centro dell’Eden, cioè proibendo di
accedere ai fondamenti di quel sapere assoluto che sono nelle mani e nella
mente di Dio solo: questo albero di cui non si deve mangiare è in qualche modo il
limite che l’uomo, il genere umano non deve oltrepassare, poiché sostituendosi
a Dio creerà quel sovvertimento e quel caos che potranno travolgere la terra:
questa superbia dell’uomo che vuole sostituire Dio verrà poi descritta nello
stesso libro che racconta la vicenda della Torre di Babele che gli uomini
costruirono per arrivare fino oltre il Cielo e usurpare la potestà divina.

Alla violazione che i progenitori compiranno
con il mangiare del frutto proibito, simbolicamente espresso con l’istigazione
del serpente, una punizione verrà posta in capo all’uomo e al suo bisogno di
sostentamento:

Genesi 3,19

Con il sudore del tuo volto mangerai il pane;

finché tornerai alla terra,

perché da essa sei stato tratto:

polvere tu sei e in polvere tornerai!».





Non posso in questa sede entrare nel merito
specifico di un’esegesi dettagliata che spieghi a livello simbolico e a livello
semantico tutte le implicanze di questi passi biblici, poiché il tempo è molto
limitato per necessità, mi basti sottolineare che la visione biblica del lavoro
e del guadagnare il “pane”, cioè quanto serve a sostentare l’uomo, è messa in
relazione a una “fatica” pesante, a un “lavoro” per poter rendere “feconda” la
terra.

Al di là della punizione per aver violato il
comandamento di Dio, che oggi viene vista nel suo contesto arcaico e simbolico
più per la sfida come potere sovrumano opposto al mistero divino, il lavoro,
l’attività e il procurarsi il pane non sono affatto “maledetti”, ma implicano
sudore, fatica e ricerca.

Il “pane” di cui l’uomo ha bisogno è un “pane
di sudore”.

E’ qui racchiusa la vicenda dell’umanità che
ha dovuto faticare per rendere la terra più ospitale e rispondente ai bisogni
che l’uomo nelle varie epoche ha espresso.

L’uomo ha conosciuto le coltivazioni : ha
capito che alcune sono spontanee e non hanno bisogno della sua presenza e della
sua “cura” ed offrono frutti generosi gratuitamente nel loro rigoglio e altri
alberi e  invece vanno appunto
“coltivate”, cioè possono dare il loro frutto soltanto dopo lungo e diuturno
lavoro di cura nella crescita e di assistenza.

Un altro passo che vorrei porre alla Vostra
attenzione è quello della manna che è un cibo che viene direttamente dal Cielo
e che troviamo nel libro dell’Esodo:



Il termine manna in ebraico più che un nome è
una domanda piena di stupore, e significa: “Che cosa è questo?”. Dio, infatti,
aveva fatto scendere sul terreno un cibo fino al quel momento sconosciuto.
Questo cibo era simile al seme del coriandolo, ma di colore bianco e dal gusto
di focaccia di miele (Es 16,3). Egli concede questo nutrimento agli israeliti
durante il loro cammino nel deserto, dove non vi era nulla da mangiare e la
vita era in pericolo.



La manna scendeva tutti i giorni, eccetto il
sabato. E ogni israelita, la mattina, ne raccoglieva la misura necessaria per
nutrirsi nel corso della giornata. Se qualcuno ne raccoglieva di più essa
marciva. Solo il venerdì era consentito una doppia misura perché doveva servire
per il sabato, giorno di riposo dalle fatiche e di lode al Signore.

La manna, cibo di Dio che mantiene in vita,
ed il sabato che indica il tempo, sono i due grandi doni di Dio. Essi ricordano
che solo Dio è il Signore cui appartiene il tempo e la vita che in esso si
svolge e consuma.



Il dono della manna mostra la fedeltà di Dio
alla sua Parola rivolta al popolo. Gli israeliti, infatti, la mangiarono per
tutta la durata del cammino nel deserto, quarant’anni.

Mosè considera il dono della manna così
importante che comanda al fratello Aronne di raccoglierne una misura ‘omer’ per
collocarla nell’arca dell’alleanza, come testimonianza della generosità di Dio
per le future generazioni.



La manna è paragonata alla parola di Dio che
fa vivere: “Il Signore ti ha nutrito con la manna… per farti comprendere che
l’uomo non vive solo di pane ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Dt
8,2-3). Anche nella storia della fede ebraica e poi di quella cristiana, la
manna assunse sempre di più un significato teologico e spirituale profondo.

Il libro della Sapienza, scritto circa un
secolo prima della venuta di Gesù, rileggendo in preghiera la storia passata,
dice a Dio, in atteggiamento riconoscente: “Invece sfamasti il tuo popolo con
un cibo degli angeli, dal cielo offristi loro un pane già pronto senza fatica,
capace di procurare ogni delizia e soddisfare ogni gusto” (16,20).



In particolare l’espressione ‘pane degli
angeli’ (Sal 78,25) o ‘pane del cieli’: “Un pane dal cielo diede loro da
mangiare” (Sal 78,24), ha favorito nei farisei e sadducei, al tempo di Gesù, la
convinzione che essa dovesse essere il segno per riconoscere il Messia. Il
capitolo sesto del vangelo di Giovanni è costruito su questo confronto tra Mosè
e Gesù. Secondo gli interlocutori di Gesù, Mosè ha dato la manna. E Gesù, il
Messia, venuto al mondo dal cielo, è in persona la manna, ossia il cibo, che fa
vivere per sempre.



Con san Giovanni anche San Paolo interpreta
la manna come cibo spirituale (1Cor 10,3), il dono eucaristico di Cristo, cibo
che nutre per la vita eterna, pane dei forti, pane degli angeli.





La tradizione ebraica ha sviluppato una ricca
interpretazione del dono della manna. I maestri ebrei dicono che essa è uno dei
10 oggetti creati da Dio nel crepuscolo della vigilia del sabato della
creazione. Fu piantata dagli angeli nei cieli e qui viene preparata per il futuro
uso delle persone pie.



Gesù, agli apostoli che desiderano imparare a
pregare, insegna loro la preghiera del Padre nostro dove al Padre si dice: <p>“Dacci ogni giorno il nostro pane</p>quotidiano”.



Dal punto di vista scientifico vi sono state
molte e diverse interpretazioni su cosa potesse essere questa “manna” e anche
come le “quaglie” ( uccelli locali ) che Dio manda agli ebrei nel deserto per
poter sopravvivere  :

Alla sera Dio offrirà le quaglie, uccelli
migratori, che transitano nella penisola sinaitica due volte l’anno. La bassa
quota del loro volo e la stanchezza per la lunga traversata facilitano la
cattura di questi uccelli, la cui carne è gustosa: anche la Bibbia conosce tale
fenomeno. Sulla via dell’esodo un volo di quaglie fu provvidenziale per gli
Israeliti stanchi e affamati (Es. 16,13). In Numeri 11, 31-33 un altro volo di
quaglie si trasformò in castigo.



Al mattino sarà offerto, invece, un cibo
“fine, granuloso e minuto come la brina”. Il riferimento va alla “manna” (in
ebraico “man” è pronome interrogativo affine al “che cosa?”; “hu” significa
invece “questo”)



Ancora oggi i beduini del deserto chiamano
“man” il frutto di una pianta conosciuta come “tamarix mannifera”, che cresce
soprattutto sulla costa occidentale della penisola sinaitica; essi la
raccolgono, la spalmano sul pane, la usano in pasticceria e persino la
distillano. Il colore della manna è bianco come granelli di una pianta, il
coriandolo (Es. 16, 31), i cui semi aromatici sono adoperati per dare sapore.
La pianta, ombrellifera, è alta circa 50 cm. e produce fiori bianchi. Il
coriandolo è tipico dei paesi mediterranei ed è usato anche in profumeria e in
farmacia.

Il sapore della manna è simile al miele e il
popolo doveva prendere un “homer” a testa. L’homer e l’efa, sono due unità di
misura. L’homer equivale a circa 2,2 litri, l’efa a circa 22 litri.

Queste sono digressioni più propriamente
storiche e scientifiche sulla vicenda di questo “cibo del Cielo” presente nel
libro dell’Esodo, dove ciò che Dio invia non è da intendersi come un dono
diretto, un miracolo prodigioso, quanto una “provvidenza” esistente nella
natura stessa che l’uomo utilizza per la sua sopravvivenza.

Nella cultura ebraica mediorientale tutto ciò
che accade è “dono” e opera di Dio, ma questi doni sono elargiti attraverso le
evenienze e gli accadimenti stessi della vita e della storia.

Un altro passo sul pane è quello che è
riferito a Davide, presente nel

primo libro di Samuele ( 1 Sam. 1-16 ) :

"Davide si recò a Nob dal sacerdote
Achimèlec. Achimèlec, trepidante, andò incontro a Davide e gli disse: «Perché
sei solo e non c'è nessuno con te?». Rispose Davide al sacerdote Achimèlec: «Il
re mi ha ordinato e mi ha detto: "Nessuno sappia niente di questa cosa per
la quale ti mando e di cui ti ho dato incarico". Ai miei giovani ho dato
appuntamento al tal posto. Ora però se hai sottomano cinque pani, dammeli, o
altra cosa che si possa trovare». Il sacerdote rispose a Davide: «Non ho
sottomano pani comuni, ho solo pani sacri per i tuoi giovani, se si sono almeno
astenuti dalle donne». Rispose Davide al sacerdote: «Ma certo! Dalle donne ci
siamo astenuti dall'altro ieri. Quando mi misi in viaggio, il sesso dei giovani
era in condizione di santità, sebbene si trattasse d'un viaggio profano; tanto
più oggi». Il sacerdote gli diede il pane sacro, perché non c'era là altro pane
che quello dell'offerta, ritirato dalla presenza del Signore, per mettervi pane
fresco nel giorno in cui quello veniva tolto

Gesù ricorderà, in una vicenda analoga in cui
è coinvolto con i suoi Discepoli di fronte ai Farisei,  questo passo del libro di Samuele, che
riguardava Davide e i suoi compagni e come fu possibile rompere il divieto
sacro di mangiare dei pani dell’offerta, indicando che prima viene l’uomo con
la sua esigenza, la sua fame, il suo bisogno di sostentamento e non il precetto
fine a se stesso.

Questo è ciò che accade ed è narrato nel Vangelo di Marco ( Mc 2, 23 – 28 ) :

Per fame, secondo il codice dell'Alleanza, si
poteva entrare nel campo del prossimo e attingere quanto era necessario. Non si
poteva però portare nulla fuori di esso: "Se entri nella vigna del tuo
prossimo, potrai mangiare uva secondo il tuo appetito, a sazietà, ma non potrai
metterne in alcun tuo recipiente. Se passi tra la messe del tuo prossimo,
potrai coglierne spighe con la mano, ma non potrai mettere la falce nella messe
del tuo prossimo" (Dt 23,25-26). L'azione dei discepoli è legale, secondo
Dio. Loro non stanno compiendo alcuna opera iniqua. Sono affamati. Rispettano
la legge del Signore. Colgono spighe con le mani. Non usano nessuna falce.

Per i farisei, feroci scrutatori di ogni
azione dei loro fratelli, con il solo intento di trovare in essa, qualcosa che
fosse contraria alla Legge di Mosè, accusano i discepoli di violare il Sabato.
Essendo giorno di assoluto riposo, non possono cogliere spighe, non possono
sfregarle con le mani. Questo è un vero lavoro. Non è lecito. Non è consentito.
Non può essere fatto. Secondo la loro interpretazione, di Sabato nessun lavoro
si sarebbe potuto fare e cogliere spighe e sfregarle con le mani era un vero e
proprio lavoro. Questi sono i danni che vengono introdotti nella Legge del
Signore quando il cuore malvagio dell'uomo si impossessa di essa e le dona
interpretazioni secondo i capricci della sua mente. L'uomo viene totalmente dimenticato
in ogni sua più santa esigenza e al posto dell'uomo viene eretta una legge che
non è più legge di carità, misericordia, pietà, compassione, somma giustizia.

Avvenne che di sabato Gesù passava fra campi
di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le
spighe. I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato
quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello
che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame?
Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani
dell'offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche
ai suoi compagni!». E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non
l'uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato».

Nel libro dei Salmi come nei Cantici inoltre,
lo possiamo trattare qui molto sommariamente e di corsa per gli ovvi motivi,
sono presenti tanti riferimenti all’alimentazione che Dio manda provvidente
agli uomini sulla terra e l’umanità tutta è testimone di questa immensa grazia
divina.

dal <p>Salmo</p>72



                                             Egli libererà il povero che grida

e il misero che non trova aiuto,

 avrà
pietà del debole e del povero

e salverà la vita dei suoi miseri.

Li riscatterà dalla violenza e dal sopruso…



…. Abbonderà il frumento nel paese,

ondeggerà sulle cime dei monti;

il suo frutto fiorirà come il Libano,

la sua messe come l'erba della terra.



 Il suo
nome duri in eterno,

davanti al sole persista il suo nome.

In lui saranno benedette

tutte le stirpi della terra

e tutti i popoli lo diranno beato.

La lode dunque  nel contesto della preghiera salmodica
ebraica viene data a Dio e al suo nome per la sua santità e grandezza, ma anche
perché l’uomo attraverso i suoi doni sostenta sé e tutta la famiglia umana: per
i beni che allietano il cuore e fioriscono rigogliosi l’uomo esprime il suo
canto di lode.

Così nel <p>Cantico</p>dei Cantici :



uno dei brani più sublimi e armoniosi
dell'Antico Testamento oltre che testo fondamentale del simbolismo cristiano,
la vite domina la scena che vede due giovani innamorati cantare i piaceri e i
tormenti del loro cuore:



Canta la ragazza:

Mi ha condotta nella casa del vini

e la sua armata contro di me è amore.

Ravvivatemi con focacce d'uva

rianimatemi con cedri:

sono malata d'amore io!

Prendete le piccole volpi che devastano le
vigne

le nostre vigne sono in fiore!



Di rincontro l'innamorato:

Il fico emette le sue gemme,

e le viti in fiore esalano profumo.

Alzati amica mia, mia bella, e vieni!

All'alba scenderemo nelle vigne,

vedremo se la vite germoglia,

se sbocciano i fiori, se fioriscono i
melograni [...]

Mi siano i tuoi seni

come i grappoli della vite,

il profumo del tuo respiro

come quello dei cedri

e il tuo palato come ottimo vino

che scende dritto alla mia bocca

e fluisce sulle labbra e sui denti!

Più inebriante del vino è il tuo amore. [...]

Baciami con un bacio della tua bocca,

perché le tue mammelle sono migliori del
vino.[...]

...là ti darò le mie carezze.

Il tuo grembo è una coppa rotonda

dove non manca mai vino aromatico.



(Cantico dei Cantici 7, 1-3, 9-10)

E così ancora, come in tanti altri profeti,
nel libro del Profeta Isaia leggiamo
questo passo sublime :

"Come infatti la pioggia e la neve
scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza
averla fecondata e fatta germogliare, perchè dia il seme a chi semina e il pane
a chi mangia, così sara' della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà
a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto
ciò per cui l'ho mandata".

(Is 55,10)



E avviandoci verso la fine, come è giusto,
riprendiamo quanto è stato già affermato all’inizio di questa riflessione dove
la manna era misticamente e simbolicamente legata all’Eucaristia che Cristo
indica come “pane disceso dal cielo”, che è Lui stesso per la vita del mondo.

La vicenda tragica e densa di amore che
conduce il Maestro a donare se stesso nella notte in cui veniva tradito (
tradimento che avviene con un gesto segnalato da Gesù stesso: la mano nel
piatto delle pietanze in centro alla tavola e che Giuda ignaro compirà ) questa
vicenda, dicevamo, che si compie in un mistero ineffabile sospeso tra l’amore,
il tradimento e la morte, avviene intorno o meglio dentro i simboli stessi del
pane e del vino, il frutto della terra e il frutto della vite ( e nella
liturgia offertoriale si aggiunge : e del “sudore dell’uomo “, quel sudore che
abbiamo trovato all’inizio della storia umana dopo il peccato di Adamo, nel
libro di Genesi.

Ma il pane che Gesù indica come pane di vita
eterna è in questa notte carica di mistero il suo stesso Corpo, e quel vino
della coppa che Egli non berrà più sulla terra fino al giorno in cui lo berrà
“nuovo” nel Regno del Padre suo, è il frutto della vite che diventa il suo
Sangue.

Rimane dinanzi a noi questo capovolgimento
stupefacente: ciò che Dio ha inviato sulla terra con la sua opera provvidente
di amore, attraverso quella natura che fa fiorire le spighe di grano e fa
germogliare i grappoli dell’uva, si trasforma nello stesso Corpo e Sangue del
Figlio di Dio: è come un ciclo che giunto dall’alto ritorna alla sua origine e
alla sua sorgente insondabile.

La Liturgia stessa nella Messa ci ricorda
questo mistero inarrivabile:

“ Accetta Signore questi doni che ti offriamo
( che sono doni dell’ alimentazione umana, cioè cibo e bevanda ) frutto della
tua bontà e donaci in cambio la tua vita divina “.

Si chiude il cerchio che unisce l’uomo a Dio,
l’umano al divino, e raggiunge il suo apice proprio nel segno del cibo e della
bevanda che Dio dona agli uomini per i bisogni materiali della vita e che in
Cristo diviene pane e vino di vita eterna: cioè di quell’umanità che in Lui non
morirà mai.

Oggi dove la terra è irrigata, coltivata,
addirittura potenziata con forzature esterne ( pensiamo agli Ogm e ad altre
tecniche genetiche )  e dove gli alimenti
abbondano da una parte e creano granai pieni come quelli del ricco Epulone di
cui narra la parabola del Vangelo, sono tanti i poveri Lazzaro che pietiscono
un tozzo di pane che cade dalla mensa dei popoli opulenti e che vengono a
bussare da ogni parte alla nostra porta.

Nell’Enciclica “ Populorum Progessio “  Papa
Paolo VI  citando il libro di Genesi

                                     (Gn 1,28)
e poi  il Concilio Vaticano II  affermava :

 «Dio
ha destinato la terra e tutto ciò che contiene all'uso di tutti gli uomini e di
tutti i popoli, dimodoché i beni della creazione devono equamente affluire
nelle mani di tutti,secondo la regola della giustizia, ch'è inseparabile dalla carità».

( CONC. VAT. II, Const. past. Gaudium et spes, n. 69)

 Tutti
gli altri diritti, di qualunque genere, ivi compresi quelli della proprietà e
del libero

commercio, sono subordinati ad essa: non
devono quindi intralciarne, bensì, al contrario, facilitarne la realizzazione, ed è un dovere sociale grave e
urgente restituirli alla loro finalità originaria.  ( <p>Populorum</p>Progressio  - Enciclica di Paolo VI, 26
marzo 1967  )

L’EXPO 2015 sarà un’occasione unica per fare
il punto sulla situazione dell’alimentazione oggi nel mondo, perché da ogni
nazione e popolo giungeranno a Milano e in Italia persone e masse che vivranno
un’esperienza mondiale in questo campo antico e nuovo.

Credenti e non credenti sono chiamati a
cercare il benessere ( più che “ il ben avere “ come direbbe il filosofo Eric
Fromm ) , e di fronte alla ragione umana e alla razionalità non è più
possibile, in questa nostra epoca progredita, avere un pianeta dove alcuni
muoiono perché troppo alimentati ( pensiamo alle malattie dovute a
dislipidemia, colesterolo e trigliceridi, diabete , malattie cardiovascolari,
spesso frutto della civiltà dell’opulenza e dove altri, troppi, muoiono per
malnutrizione e mancanza di cibo o di acqua.

Guardando alla fede, in quell’ambito che mi è
proprio, direi inoltre che proprio perché Dio ha inviato i beni sulla terra a
larghe mani e gli uomini hanno creato disuguaglianze e sperequazioni scandalose
e inaccettabili, e proprio perché Cristo si è donato come pane e come vino di
vita ad ogni uomo, fratello e sorella, a noi è richiesto uno sforzo concreto
perché a nessuno manchi più il necessario al suo vitale sostentamento.

“ Tu hai creato tutte le cose e nulla disprezzi di quanto hai creato.

Tutto è frutto del tuo amore :

Signore amante della vita! “ 

(cfr. Libro della Sapienza 11, 24 )





                                           + Giovanni Climaco Mapelli

<p>                                                  Arcivescovo e  Primate</p>





Inizio modulo
Fine modulo