martedì 23 giugno 2015

LECTIO MAGISTRALIS

     LECTIO MAGISTRALIS
per la Laurea honoris causa
          in Sacra Teologia
                                     di
+ Giovanni Climaco Mapelli
   Arcivescovo


     

Riflessione teologica sul
Commento al Vangelo di Giovanni
di Sant'Agostino Vescovo di Ippona


OMELIA 82
Rimanete nel mio amore.

Tutto nasce dalla fede operante per mezzo dell'amore. Ma come potremmo amare se prima non fossimo stati amati da Dio?

[Siamo opera di Dio, creati in Cristo Gesù.]

1. Richiamando con insistenza l'attenzione dei discepoli sulla grazia che ci fa salvi, il Salvatore dice: Ciò che glorifica il Padre mio è che portiate molto frutto; e così vi dimostrerete miei discepoli (Gv 15, 8). Che si dica glorificato o clarificato, ambedue i termini derivano dal greco:
δόξα   =   doxa
che in latino significa "gloria". Ritengo opportuna questa osservazione, perché l'Apostolo dice: Se Abramo fu giustificato per le opere, ha di che gloriarsi, ma non presso Dio (Rm, 4, 2). E' gloria presso Dio quella in cui viene glorificato, non l'uomo, ma Dio; poiché l'uomo è giustificato non per le sue opere ma per la fede; poiché è Dio che gli concede di operare bene. Infatti il tralcio, come ho già detto precedentemente, non può portar frutto da se stesso. Se dunque ciò che glorifica Dio Padre è che portiamo molto frutto e diventiamo discepoli di Cristo, di tutto questo non possiamo gloriarcene, come se provenisse da noi. E' grazia sua; perciò sua, non nostra, è la gloria. Ecco perché, in altra circostanza, dopo aver detto ai discepoli:Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, acciocché vedano le vostre buone opere, affinché non dovessero attribuire a se stessi queste buone opere, subito aggiunge: e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli (Mt 5, 16). Ciò che glorifica, infatti, il Padre è che produciamo molto frutto e diventiamo discepoli di Cristo. E in grazia di chi lo diventiamo, se non di colui che ci ha prevenuti con la sua misericordia? Di lui infatti siamo fattura, creati in Cristo Gesù per compiere le opere buone (cf. Ef 2, 10).

2. Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi: rimanete nel mio amore (Gv 15, 9). Ecco l'origine di tutte le nostre buone opere. Quale origine potrebbero avere, infatti, se non la fede che opera mediante l'amore (cf. Gal 5, 6)? E come potremmo noi amare, se prima non fossimo amati? Lo dice molto chiaramente, nella sua lettera, questo medesimo evangelista: Amiamo Dio, perché egli ci ha amati per primo (1 Io 3, 19). L'espressione poi: Come il Padre ha amato me così anch'io ho amato voi, non vuole significare che la nostra natura è uguale alla sua, così come la sua è uguale a quella del Padre, ma vuole indicare la grazia per cui l'uomo Cristo Gesù è mediatore tra Dio e gli uomini (cf. 1 Tim 2, 5). E' appunto come mediatore che egli si presenta dicendo: Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. E' certo, infatti, che il Padre ama anche noi, ma ci ama in lui; perché ciò che glorifica il Padre è che noi portiamo frutto nella vite, cioè nel Figlio, e diventiamo così suoi discepoli.

3. Rimanete nel mio amore. In che modo ci rimarremo? Ascolta ciò che segue: Se osservate i miei comandamenti - dice - rimarrete nel mio amore (Gv 15, 10). E' l'amore che ci fa osservare i comandamenti, oppure è l'osservanza dei comandamenti che fa nascere l'amore? Ma chi può mettere in dubbio che l'amore precede l'osservanza dei comandamenti? Chi non ama è privo di motivazioni per osservare i comandamenti. Con le parole: Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore, il Signore non vuole indicare l'origine dell'amore, ma la prova. Come a dire: Non crediate di poter rimanere nel mio amore se non osservate i miei comandamenti: potrete rimanervi solo se li osserverete. Cioè, questa sarà la prova che rimanete nel mio amore, se osserverete i miei comandamenti. Nessuno quindi si illuda di amare il Signore, se non osserva i suoi comandamenti; poiché in tanto lo amiamo in quanto osserviamo i suoi comandamenti, e quanto meno li osserviamo tanto meno lo amiamo. Anche se dalle parole: Rimanete nel mio amore, non appare chiaro di quale amore egli stia parlando, se di quello con cui amiamo lui o di quello con cui egli ama noi, possiamo però dedurlo dalla frase precedente. Egli aveva detto: anch'io ho amato voi, e subito dopo ha aggiunto: Rimanete nel mio amore. Si tratta dunque dell'amore che egli nutre per noi. E allora che vuol dire: Rimanete nel mio amore, se non: rimanete nella mia grazia? E che significa: Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore, se non che voi potete avere la certezza di essere nel mio amore, cioè nell'amore che io vi porto, se osserverete i miei comandamenti? Non siamo dunque noi che prima osserviamo i comandamenti di modo che egli venga ad amarci, ma il contrario: se egli non ci amasse, noi non potremmo osservare i suoi comandamenti. Questa è la grazia che è stata rivelata agli umili mentre è rimasta nascosta ai superbi.

4.      Ma cosa vogliono dire le parole che il Signore subito aggiunge: Come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore (Gv 15, 10)? Certamente anche qui vuole che ci rendiamo conto dell'amore che il Padre ha per lui. Aveva infatti cominciato col dire Come il Padre ha amato me così anch'io ho amato voi; e a queste parole aveva fatto seguire le altre: Rimanete nel mio amore, cioè, senza dubbio, nell'amore che io ho per voi. Così ora, parlando del Padre, dice: Rimango nel suo amore, cioè nell'amore che egli ha per me. Diremo però che questo amore con cui il Padre ama il Figlio è grazia, come è grazia l'amore con cui il Figlio ama noi; e ciò nonostante che noi siamo figli per grazia non per natura, mentre l'Unigenito è Figlio per natura non per grazia? Ovvero dobbiamo intendere queste parole come dette in relazione all'umanità assunta dal Figlio? E' proprio così che dobbiamo intenderle. Infatti, dicendo: Come il Padre ha amato me così anch'io ho amato voi, egli ha voluto mettere in risalto la sua grazia di mediatore. E Gesù Cristo è mediatore tra Dio e gli uomini non in quanto è Dio, ma in quanto uomo. E' così che di Gesù in quanto uomo si legge: Gesù cresceva in sapienza e statura e grazia, presso Dio e gli uomini (Lc 2, 52). Dunque possiamo ben dire che, siccome la natura umana non rientra nella natura divina, se appartiene alla persona dell'unigenito Figlio di Dio lo è per grazia e per una tale grazia di cui non è concepibile una maggiore e neppure uguale. Nessun merito ha preceduto l'incarnazione, e tutti hanno origine da essa. Il Figlio rimane nell'amore con cui il Padre lo ha amato, e perciò osserva i suoi comandamenti. A che cosa deve la sua grandezza umana se non al fatto che Dio l'ha assunta (cf. Sal 3, 4)? Il Verbo infatti era Dio, era l'Unigenito coeterno al Padre; ma affinché noi avessimo un mediatore, per grazia ineffabile il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi (Gv 1, 14).

INTRODUZIONE al TESTO
Agostino inizia le Omelie del Commento al quarto Vangelo attribuito all'Apostolo Giovanni nel 416 circa e l'Omelia n. 82 che qui voglio analizzare come contributo allo studio di un Commento esegetico tanto importante e che ha varcato i secoli fino a noi vuol essere un po' la Lectio Magistralis per il conferimento della Laurea in Teologia che il Collegium Augustinianum di Philadelphia negli Stati Uniti ha voluto destinare alla mia persona.
L'Omelia 82 fu composta e pronunciata probabilmente dopo l'anno 422.
Questo Commento infatti non e' un'opera monolitica scritta a tavolino, ma una trattazione omiletica viva che serviva da catechesi al popolo di Dio della Chiesa locale in Ippona, citta' dell'attuale Tunisia dove Aurelio Agostino fu Vescovo dal 396 al 430.    

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LECTIO ACCADEMICA
In passato ho commentato varie volte nelle mie omelie e nei miei scritti il Vangelo di Giovanni, in particolare il Prologo che sta al suo inizio ed altri brani salienti che sono situati nella Cena ultima, in cui emerge e si staglia nitidamente e come in nessun altro testo dei Sinottici la figura divina e umana insieme del Cristo.
Sono brani di sublime teologia quelli della Cena, in cui Cristo fissa l'addio ai suoi discepoli e fonda sul mistero stesso della sua passione e morte la nascita della Chiesa.
Una teologia viva in cui viene rivelato l'amore trinitario e il dialogo di comunione tra il Figlio e il Padre, in una sintesi di amore perfetto che genera la permanenza nella fede e nella speranza, fino al momento in cui il Paraclito verra' a corroborare l'umana debolezza dei Discepoli.
Ho pensato oggi di porre l'attenzione sull'Omelia che Agostino ha intitolato con il passo iniziale delle parole di esortazione di Gesu' rivolte nella stessa Cena agli Apostoli : "Rimanete nel mio amore"... (Gv. 15, 9 )
Ho accostato dunque Agostino a Giovanni perche' il Collegio universitario che mi ha onorato di questa Laurea, ormai a 55 anni suonati, e' intitolato a questo padre e dottore della Chiesa  e perche' Giovanni l'Apostolo che Gesu' amava di amore di predilezione e' il mio stesso patrono di cui porto il nome.
 Agostino, lo sappiamo, e' un autore piuttosto complesso nelle sue analisi e riflessioni teologiche e filosofiche.
Una sorta di mente pensante con una capacita' di intuizione e di profondo scandaglio che solo una natura tormentata, perennemente in ricerca e mai doma,  poteva cimentarsi con l'esegesi di un Vangelo che in Oriente viene definito il "tesoro della scienza divina" (cfr. Origene di Alessandria e altri padri della Chiesa).
Agostino inizia il Commento alla Omelia n. 82  individuando nella "grazia" la forza originaria di ogni compimento in noi del bene e delle stesse opere di salvezza.
Le opere che fanno dunque risplendere in noi la "gloria di Dio", come dice Gesu' nei Vangeli, sono quelle che la stessa grazia di Dio ci permette di compiere e senza la quale non potremmo mai fare nulla.
La grazia come l'amore con cui veniamo amati da Cristo precedono ogni nostra volonta' e ogni nostra azione...
L'amore con cui Cristo ci ama e' lo stesso amore con cui il Padre ama il Figlio: "come il Padre ha amato me cosi io ho amato Voi"... (  
Lo stesso amore divino, come il Vescovo di Ippona sottolinea con insistenza, ha una natura diversa : verso di noi e' amore in virtu' della grazia poiche' noi non siamo di natura divina, mentre l'amore del Padre verso il suo Figlio, l'Unigenito, e' un amore che si comunica dalla stessa natura divina ed e' amore e grazia insieme.
Dio ci ama dunque nel Figlio che ha assunto la nostra natura umana in tutto eccetto la corruzione del peccato...
Ci ama di amore divino in grazia del Figlio Verbo incarnato e fatto uomo...
Noi siamo figli in Lui Figlio e siamo figli nella grazia mentre il Figlio e' figlio nella natura di Dio...
Sono meditazioni profondissime di teologia cristiana dei primi secoli che hanno contribuito a gettare anche i fondamenti biblici di una architettura dogmatica...
Qui noi udiamo riecheggiare la parola di Paolo che ha piu' volte  analizzato nelle sue lettere apostoliche la figliolanza nostra e di Cristo nei confronti di Dio...
Nella stessa definizione della "grazia" gratuita di Dio e prima di ogni volere umano e' contenuta la lezione paolina e poi agostiniana che daranno voce alla riforma luterana e protestante nell'Europa del XIV secolo, che ha posto al centro la grazia e la giustificazione per la fede ...
La fede in Agostino non puo' essere compresa senza l'amore e l'amore e' anche il compimento ultimo della fede stessa, dato che proprio San Giovanni Apostolo nella sua lettera dice che " Dio e' amore"! ...
Ed e' la fede che misteriosamente "vince il mondo"...
Dio e' amore e la fede e' l'amore che vince sul male e sulla tenebra...
La tenebra e' il mondo senza l'amore che e' la luce di Cristo : "io sono la luce del mondo!"...
L'amore dunque e' insieme luce e forza...
Agostino sente in esso cio' che realizza il comando del Maestro...
L'amore spinge ad osservare i comandamenti del Signore : " se mi amate osserverete i miei comandamenti"...
Ma noi li osserveremo perche' lo amiamo e non lo amiamo perche' li osserviamo...
In questo vi e' il superamento di quel legalismo farisaico in cui si osservava il comandamento come misura dell'amore per Dio e la sua legge...
Non vi e' piu' una osservanza fredda e formale dunque ma un amore che ci scalda il cuore nella fede per adempiere i comandamenti di Dio che sono il nucleo stesso dell'amore poiche' generano in noi la sua stessa vita divina...
Agostino mirabilmente coglie che il comandamento di Cristo ai suoi che sono nel mondo e' quello di "rimanere nel suo amore" perche' anche il Figlio rimane nell'amore di Colui che lo ha generato, il Padre, e osserva i suoi comandamenti...
Gesu' osserva i comandamenti del Padre perche' e' a Lui che deve la sua missione e la sua stessa vita...
Il mistero dell'amore trinitario ineffabile  viene cosi almeno sfiorato dal Dottore mirabile della Chiesa prima di ogni altra mente pensante nella storia, sulle parole di colui che con occhi di aquila ha potuto scrutare il Verbo coeterno del Padre e le cui mani hanno potuto toccare l'Autore della vita...
Il Mediatore unico e' il Cristo Verbo del Padre : in lui tutto viene creato e ricapitolato...
Lo Spirito Santo Paraclito procedera' dal Padre, ma e' il Figlio che lo inviera' come secondo Consolatore...
Il primo Consolatore dal Padre e' Gesu' Cristo stesso che assumendo la natura umana ci rende figli nel Figlio e coeredi dei doni dello Spirito...
Per tanti secoli Oriente ed Occidente si sono divisi anche sulle parole di Giovanni circa la processione dello Spirito Santo, dividendosi cosi anche sulla realta' divina piu' unitaria e di comunione che esista e che e' la Trinita' : questa tragedia drammatica delle Chiese che e' contro testimonianza a Cristo ( e al suo "ut unum sint ) e' come una legge del contrappasso dove l'Unita' trinitaria di Dio viene usata per generare divisioni e mai come oggi noi possiamo capire a distanza di circa nove secoli e mezzo che essa e' opera di un altro spirito, quello del Divisore (dal verbo greco diaballein, dividere, da dove deriva anche il sostantivo "Diavolo")
L'unita' dell'amore genera i figli e dunque i fratelli e la divisione invece genera la babele delle lingue e le contrapposizioni fratricide...
Il "rimanete nel mio amore" e' dunque il rimanete nell'unita' : unita' del Padre con il Figlio e con lo Spirito Consolatore...
Rimanere nel suo amore e' fare l'unita', perche' il mondo creda ...
L'incredulita' del mondo l'assenza di amore e il venir meno dell'amore dei discepoli verso il Maestro e tra di loro...
"Amatevi dunque come io ho amato voi" e " dall'amore che avrete gli uni per gli altri  riconosceranno che siete mie discepoli!"...
Non c'e' alcun discepolato senza l'amore: e' inutile che ci illudiamo e che come religiosi ci affanniamo quotidianamente in altro...
In altre faccende che riempiono i giorni e svuotano il cuore!
L'amore del Padre si rivela nel Figlio e il  Figlio ci parla nello Spirito.
"Cor ad cor loquitur " : era questa parola viva che Agostino aveva udito quando venne a Milano, nostra terra natia, e incontro' nell'antica basilica Ambrogio, il Vescovo e predicatore piu' conosciuto in tutto l'Occidente, attorno all'anno 383 e nel suo cammino tormentato e tortuoso dal manicheismo alla fede in Cristo ne rimase folgorato.
Qui, sotto l'attuale Duomo, dove e' visibile  ancora l'antico e suggestivo battistero paleocristiano ricevette il battesimo, la Vigilia di Pasqua del  387, dalle mani dello stesso Vescovo Ambrogio, che morirà dieci anni piu' tardi, lo stesso giorno vigiliare del Sabato Santo che precede la Pasqua di Cristo.
Un giorno Agostino dira' che la sua fede arrivo' tardi nel cammino della vita e spinto dalle lacrime e preghiere della madre Monica.
La fede era amore e l'amore era fede in Lui e cosi egli ricorda con parole mirabili il suo approdo alla Verita' di Dio in Cristo : "tardi ti amai bellezza antica e cosi nuova, tardi ti amai, si perche' io ero sordo... Ma Tu hai gridato e hai vinto la mia sordita'! "
( Le Confessioni X, 27-38 )    
  Vinci o Signore oggi, con la tua parola di verita', questa nostra umana e triste sordita' e con il tuo amore vero la nostra incapacita' di amare.
Amen.
                               Milano, 30 Maggio 2015
          Collegium Augustinianum di Philadelphia - Stati Uniti
          Vigilia della Solennita' della Santissima Trinita' di Dio
    
Domenica 21 Giugno 2015
Lettura presso il Castello
di Borgonovo Valtidone  ( Piacenza )
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