sabato 31 dicembre 2016

Un augurio di Pace.Ritorniamo alla Fonte.
Eccomi Signore, davanti a te
dopo aver tanto camminato lungo quest’anno.
Mi ci sento stanco,
non è perché ho percorso un lungo tragitto,
o, chi sa quali interminabili vie.
È perché, purtroppo, molti passi,
li ho consumati sulle viottole mie, e non sulle tue:
seguendo i tracciati involuti della mia caparbietà faccendiera,
e non quelle indicate dalla tua Parola;
confidando sulla riuscita delle mie, estenuanti manovre,
e non sui moduli semplici dell’abbandono fiducioso in te.
Forse mai, come in questo crepuscolo dell’anno,
sento mie le parole di Pietro:
«Abbiamo faticato tutta la notte,
e non abbiamo preso nulla».
Ad ogni modo, voglio ringraziarti, ugualmente, e con gratitudine
Perché, facendomi contemplare la povertà del raccolto,mii aiuti a capire che senza di te non posso far nulla.
Un augurio di pace,ritorniamo alla fonte....

sabato 24 dicembre 2016

NATUM VIDETE REGEM ANGELORUM
VENITE ADOREMUS.
La tua nascita non sarà una festa e un rito sterile se sapremo accoglierti nel cuore.Tu ti fai bambino,perché con la tua presenza umile e nascosta vuoi portarci verso strade che arrivano alla soglia del mistero ineffabile.Tu uomo-Dio,nasci ogni giorno,per fare di noi delle creature nuove.Tu bellezza incontaminata ci regali il sorriso di Dio,trasformando la nostra povertà in un cammino gioioso.
Fa o Signore,che nulla di quando mi hai donato venga dimenticato,regala ancora la tua speranza a tutti quelli che mi hai fatto incontrare,a quelli per i quali ho pregato,cambiando il cuore di pietra in un cuore di carne.Amen.

giovedì 8 dicembre 2016

BELLISSIMA RIFLESSIONE DELL'ARCIVESCOVO GIOVANNI CLIMACO.



◆ La CHIESA SACRAMENTO di AMORE e SALVEZZA ◆ tra materialismo terreno e falso spiritualismo Idea di Chiesa come servizio sociale ... Come se aiutare spiritualmente con la preghiera e la celebrazione liturgica ed eucaristica non abbia alcun valore ... una idea proprio materialista della Chiesa ... come una agenzia tra tante ... e i preti come operatori sociali .... Per questo non esiste più fede sulla terra ... infatti ... Chi pensa così ha individuato bene l'idea di Chiesa di oggi ... nessuna idea di Chiesa come "sacramento di salvezza" ... solo riempitivo di pancia ... quindi totale assenza della identità per cui fu fondata da Cristo .... che disse "voi mi seguite perché avete mangiato i pani e pesci della moltiplicazione ma io ho un pane dal Cielo da dare che voi non conoscete ... e chi mangia di questo pane non avrà più fame in eterno e il pane che io darò è la mia vita per il mondo !..." Gesù parla di Lui come pane che dà la vita ... Senza questo pane la Chiesa può dare tutto il pane che vuole ma mancherà alla sua missione originaria fondamentale ... Quanto alla nostra Chiesa povera di mezzi materiali è ricca di spiritualità che è la presenza stessa di Cristo Signore ... La Chiesa di Cristo esiste proprio paradossalmente perché non ha niente da dare materialmente ... In quanto ciò che dona è del tutto ricevuto gratuitamente e sovranamente da Dio ... Non è di sua proprietà ... " Gratuitamente avete ricevuto e gratuitamente date" disse il Maestro ... La grazia di Dio non è questione di "mangiare o bere " come disse San Paolo ma è grazia totale ... Non è un "do ut des".... Ha proprio ragione chi dice che... "non ha ragione di esistere una Chiesa così"... agli occhi del mondo ...ma vive proprio in virtù della vita di Dio e della sua grazia divina ... Non è una fuga verso uno spiritualismo disincarnato ma al contrario è l'incarnazione della povertà materiale per vivere la grazia di Dio che è ricchezza spirituale infatti solo i poveri in spirito possono vivere questa dimensione della vita di Dio, perché spogli di tutto "di essi è il Regno dei Cieli". Essa è "nel mondo ma non del mondo" perché lo trascende avendo la sua origine sorgiva in Dio. Per questo è "sacramento di salvezza" per il mondo perché sta oltre il mondo nonostante viva nel mondo. È un miracolo che esista una Chiesa così perché il Signore stesso la sostiene ...
Meditazione sulla Madre di Dio

Padre Mario Metodio



  1. Una donna ebrea dalla fede profonda. Il nome Maria viene dall’ebraico “Myriam” o “maryam”. Fra le possibili etimologie c’è “mara”, “signora”, o “mi-ram”, dalla radice “rym”, attestata in testi ugaritici col significato di “alta, eccelsa, desiderata”. Già nel nome della giovane madre di Gesù si riconosce come ella sia stata l’oggetto dell’attesa dei suoi genitori, desiderata e amata. Quando concepisce il Figlio, Maria è una almah, termine usato da Isaia 7,14 (“la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”), la cui traduzione corretta è “giovane donna”, una donna cioè di poco più di 14 anni. Poiché la nascita di Gesù va fissata intorno al 6 a.C. - almeno due anni prima della morte di Erode, che aveva ordinato la strage dei bambini dai due anni in giù - la nascita di Maria può essere collocata fra il 22 e il 20 a.C. Al tempo degli eventi pasquali del Figlio Myriam aveva dunque fra i cinquanta e i cinquantacinque anni. La versione greca della Bibbia, detta dei Settanta e considerata ispirata dall’ebraismo della diaspora, tradusse l’ebraico almah con la parola greca parthénos, cioè “vergine”, aprendo così la strada alla lettura del testo come profezia della nascita verginale di Gesù (cf. Mt 1,23). Maria è una giovane ebrea credente, familiare al linguaggio delle Scritture, come dimostra il fatto che nel racconto dell’annunciazione le risultano immediatamente comprensibili i riferimenti ai Profeti (Isaia 7,14 in Luca 1,31, o a Sofonia 3,14-17 e Zaccaria 9,9 in 1,28: “chàire, esulta, piena di grazia…”),. È una credente che osserva scrupolosamente la Torah, mostra ad esempio nella sua andata al Tempio per celebrare la purificazione rituale dopo il parto (cf. Luca 2,22-24). La spiritualità di Myriam è quella dello “Shemà”, cioè dell’“ascolto” obbediente del Dio unico, perché parli quando e come vorrà alla sua serva e compia in Lei le sue opere: in questo Maria si colloca al vertice della spiritualità biblica dell’attesa e dell’accoglienza della Parola divina. Lo si coglie nella scena dell’adorazione dei pastori, dove Maria è la protagonista, silenziosa e raccolta, che “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” (Luca 2,19). L’espressione richiama un atteggiamento caro alla tradizione ebraica: il ricordare associando fra loro gli eventi, in cui si manifestano i misteriosi disegni dell’Altissimo. In ciò consiste propriamente lo studio della Torah e il greco “symballousa” - “meditando”, ben richiama quest’atteggiamento di confronto, intelligenza, giudizio, decisione. Si tratta di un’attitudine costante in Maria (cf. 2,51), che proprio così si lascia condurre docilmente dall’Altissimo. Maria è la donna credente e riflessiva, che si abbandona all’Eterno con serietà pensosa. È questo peraltro il modello di femminilità nella tradizione ebraica: la donna sa tenersi in prossimità dell’invisibile Voce e questo la colma della gioia di sapersi amata dall’Altissimo. Maria è la donna della gioia, che testimonia cantando il Magnificat: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva”(Luca 2,46-48). Il suo atteggiamento interiore è ben espresso da questo canto, che richiama i Salmi degli “anawim”, i “poveri” che confidano solamente in Dio, e il cantico di Anna (1 Samuele 2,1-10), che si apre con docilità alla sorpresa di Dio, ma non di meno rivela la profonda fede di questa donna ebrea, capace di consegnarsi totalmente all’Eterno. Alla scuola di Maria impariamo il primato della dimensione contemplativa della vita, quel continuo accogliere l’iniziativa del Signore, che consiste nel lasciarci amare e condurre docilmente da Lui. Ci chiediamo: è veramente Dio il signore della mia vita, come lo fu per Maria? Sono docile alla Sua azione, alla Sua Parola, al Suo silenzio? Mi lascio guidare da Lui, meditando quanto mi dà di vivere alla luce delle Scritture, per discernere la Sua volontà e realizzare con Lui il Suo disegno d’amore per me e per quanti mi affida anche di fronte a momenti difficili, come ad esempio quelli che la nostra società sta vivendo?

2. Lo stile di vita di Maria. La scena della visitazione mostra quali siano le caratteristiche dell’agire della giovane Myriam: ella è capace di un amore attento, concreto, gioioso e tenero. Il suo amore è attento: Maria non ha bisogno di richieste per capire il bisogno della cugina Elisabetta, di età matura e in attesa di un figlio. Intuisce la necessità e le corre in aiuto: il suo sguardo, nutrito d’amore, ha capito il da farsi al di là di ogni comunicazione verbale. “Ubi amor, ibi oculus”: dove c’è l’amore, l’occhio vede ciò che uno sguardo privo d’amore non vedrà mai. All’attenzione Maria unisce la concretezza: non indulge a sogni di bene, agisce. L’espressione “in fretta” (v. 39) dice la sollecitudine e la premura con cui concretizza la decisione di andare in aiuto alla Madre di Giovanni. Commenta Sant’Ambrogio: “La grazia dello Spirito Santo non tollera indugi” (Expositio in Evangelium secundum Lucam, 2,19)! L’agire di Maria, poi, è pervaso di gioia: non vive i suoi atti come il compimento di un dovere o in ottemperanza a un obbligo impostole dalle circostanze. In lei tutto è gratuità, bene diffusivo di sé, generosità vissuta senza calcolo o forzature. Gioia è sentirsi amati così profondamente da avvertire l’incontenibile bisogno di amare, per corrispondere all’amore ricevuto al di là di ogni misura con l’amore donato senza condizioni. Proprio così tutto in Maria si mostra nel segno della tenerezza, propria dell’amore che non crea distanze, che avvicina, anzi, i lontani, facendoli sentire accolti e li riempie dello stupore e della bellezza di scoprirsi oggetto di puro dono. “A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo” (vv. 43s). La tenerezza è dare con gioia suscitando gioia nell’amato: chi non ama con tenerezza, crea dipendenze o mantiene distanze in cui è impossibile far sprigionare la gioia. In tutto questo, Maria è un modello per tutti, specialmente nei rapporti familiari. Ci chiediamo allora: qual è il mio stile di vita? Sono come Maria attento agli altri, all’altro, ai bisogni espressi o inespressi di chi mi sta davanti, di chi Dio mi chiama ad amare e servire? So essere concreto nel mio modo di amare, agendo con la tenerezza che coniuga il rispetto e l’attenzione all’amore che rende liberi e genera la pace del cuore? Cerco di avere attenzione e solidarietà verso chi soffre, ad esempio verso chi sta vivendo le conseguenze dell’attuale crisi specialmente per la mancanza o la precarietà del lavoro?

3. Il rapporto col Figlio. Nella vita di Gesù la Madre ha avuto un ruolo decisivo. Per l’ebraismo è la donna che trasmette l’appartenenza al popolo eletto (è ebreo chi nasce da madre ebrea), generando il proprio figlio alla coscienza dell’alleanza con Dio, anzitutto attraverso la vita familiare. Il contesto domestico è considerato un “piccolo tempio”, nel quale la tavola costituisce “l’altare”: e la donna è la responsabile della liturgia domestica e dell’osservanza delle norme di purità che regolano la vita quotidiana. La tradizione rabbinica sottolinea che la Torah rivelata al Sinai fu data prima alle donne, poiché senza di esse la vita ebraica non sarebbe stata possibile, e invita perciò i mariti ad “ascoltare” le proprie mogli, poiché è per loro merito che le benedizioni raggiungono la famiglia. La famiglia diventa così il nucleo più importante dell’ebraismo, al cui interno decisivo è il ruolo della donna. Secondo i maestri ebrei è compito degli uomini insegnare il contenuto della rivelazione, la Torà e il Talmud, mentre quello della donna è di trasmettere l’esperienza della rivelazione, il senso del mistero, senza il quale i contenuti non avrebbero valore e il loro studio sarebbe puro esercizio intellettuale. Perciò è sempre la donna ad accendere e benedire le luci del sabato, simbolo del dono della vita. Maria ha assolto pienamente questo ruolo, come mostrano le due visite al tempio per la circoncisione di Gesù e per il suo “bar mitzvah”, la festa dei dodici anni, ovvero della maggiore età per un bambino ebreo. In esse Maria mostra tutto il suo rispetto per la tradizione dei Padri: è la madre ebrea che educa il figlio, che le è sottomesso (cf. 2,51), secondo la Legge del Signore. Madre attenta e tenera, vive le attese, i silenzi, le gioie e le prove che ogni mamma è chiamata ad attraversare: è significativo che non sempre comprenda tutto di lui (così in Luca 2,50, dopo il ritrovamento di Gesù e la sua risposta). Avanza, però, fidandosi di Dio, amando e proteggendo a modo suo quel Figlio, così piccolo e così grande, con una mescolanza di prossimità e di dolorosi distacchi, che la rendono modello di maternità: i figli vengono generati nel dolore e nell’amore per tutta la vita! Così Maria è esempio di madre, capace di un’azione educativa fatta di condivisione del tesoro del cuore, di pazienza e di fermezza, di progressività e di fiducia nell’Altissimo. Ci chiediamo allora: nella nostra responsabilità di testimoni e generatori della vita che viene dall’alto ci sforziamo di essere come Maria nel suo rapporto con Gesù, vicini con tenerezza a chi ci è affidato e rispettosi della sua libertà e del suo mistero? Siamo pronti ad affidare tutto a Dio senza sottrarci ad alcuna delle nostre responsabilità? Siamo capaci di ascolto verso tutti, senza venir meno al dovere di testimoniare la verità che solo libera e salva?

4. Il servizio di Maria e il nostro. Maria accompagna Gesù nella vita pubblica, a partire dall’episodio, che può considerarsi il compendio di tutto ciò che verrà, le nozze di Cana, dove Gesù si manifesta come lo Sposo divino, che conclude con il popolo l’alleanza nuova e definitiva. Si è alla svolta decisiva della storia della salvezza e la Madre ha in essa un ruolo, che l’Evangelista ha voluto evidenziare. È lei a notare il bisogno cui è necessario provvedere: “Non hanno più vino” (Giovanni 2,3). Si manifesta qui ancora una volta l’attenzione di Maria. Nel vino, poi, nominato cinque volte nel racconto (vv. 3.9.10), è possibile riconoscere un segno dei tempi messianici (cf. ad esempio Amos 9,13: “dai monti stillerà il vino nuovo e colerà giù per le colline”), che caratterizzerà il banchetto escatologico (cf. Isaia 25,6) e sarà offerto con gratuità. Il vino nuovo allieterà il giorno delle nozze eterne fra il Signore e il suo popolo (cf. Osea 2,21-24). In questa luce, il banchetto nuziale di Cana appare come l’ora dell’intervento definitivo di Dio, che viene a compiere in maniera sovrabbondante l’attesa e trasforma l’acqua della purificazione dei Giudei (acqua della preparazione e del desiderio: cf. v. 6) nel vino nuovo del Regno. La risposta apparentemente tagliente di Gesù: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora” (v. 4) indica la novità sorprendente di questo passaggio che si compirà a pieno nella Pasqua. Quanto la Madre dice ai servi è di grande importanza: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (v. 5). Come il popolo dell’antico patto risponde alla rivelazione al Sinai assentendo nella fede - “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo” (Esodo 19,8; 24,3.7) -, così Maria manifesta la sua fiducia incondizionata nel Figlio, che ha evocato il mistero della sua “ora”. L’invito, poi, che rivolge ai “servi” mostra il ruolo di modello e madre nella fede che avrà nella comunità dell’alleanza: in Maria l’antico patto passa nel nuovo, Israele nella Chiesa, la Legge nel Vangelo. Nella Chiesa nata dalla Pasqua di Gesù, la Vergine Madre è colei che presenta al Figlio i bisogni dell’attesa e conduce alla fede in Lui, condizione necessaria perché il vino nuovo riempia le giare dell’antico patto. Il servizio di Maria è di orientarci a Gesù e di portarci a compiere la Sua volontà. Siamo pronti a rispondere all’invito della Madre, per metterci a nostra volta al servizio degli altri nella maniera più vera e feconda, che è quella di introdurli alla fede con la fede vissuta e testimoniata? Sappiamo dire con le labbra e con la vita le parole che indicano a ciascuno la strada della libertà e della realizzazione più piena di sé, “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”?

5. Maria sotto la Croce. Quanto a Cana è prefigurato, viene a compiersi nell’ora della Croce. Gesù morente si rivolge a sua Madre e al discepolo che egli ama (Giovanni 19,25-27): la chiama con l’appellativo “donna” (v. 26), applicato dalla Bibbia a Gerusalemme e al popolo eletto, quasi a indicare in Maria il popolo eletto della prima alleanza e il popolo radunato dal suo sacrificio pasquale. Accanto alla Madre c’è il discepolo amato (cf. v. 26), simbolo di ogni altro discepolo. A partire dall’“ora” della croce (cf. v. 27) il discepolo accoglie la Madre “fra quanto gli è proprio” (“eis tà ídia”: v. 27): non si tratta soltanto dell’accoglienza “in casa sua”. L’espressione va riferita al mondo vitale, all’ambiente esistenziale (così, ad esempio, in 1,11, detto di Israele in riferimento al Verbo, o in 10,4, detto dei discepoli in riferimento a Gesù): essa sta a dire che la Madre entra nel più profondo della vita del discepolo, ne fa ormai parte come bene irrinunciabile. Il rapporto che il Crocifisso stabilisce fra la Madre e il discepolo appare allora intensissimo: in quanto la “donna” è figura dell’antico Israele e il discepolo della Chiesa credente, il messaggio è che l’antico Israele entra a far parte in modo vitale del nuovo. La Chiesa riconosce in Israele l’antica madre che porta al centro del suo cuore. In quanto la “donna” rappresenta il popolo dell’era messianica e il discepolo è il tipo di ogni singolo credente, la loro reciproca appartenenza sta a dire la reciproca appartenenza fra la Chiesa - madre e i figli della Chiesa: al discepolo la Chiesa sta a cuore come madre amata, bene prezioso affidatogli dal Redentore crocifisso. Infine, in quanto la madre è la singola donna concreta, la madre di Gesù, il testo sembra evidenziare un rapporto privilegiato fra lei e ogni singolo credente, oltre che fra lei e l’intera famiglia dei figli di Dio: Maria fa parte della Chiesa e della vita di fede del discepolo come bene prezioso, valore vitale. Insieme, in lei la Chiesa e i singoli credenti potranno riconoscere la Madre, a loro affidata e a cui sono affidati. In questa luce, Giovanni 19,25-27 testimonia il significato che la Chiesa sin dalle origini attribuisce alla Madre del Signore per la sua vita presente e futura, specialmente nello stare sotto la Croce del Messia, lasciandosi sempre di nuovo generare dal “sangue” e dall’“acqua” scaturiti dal suo costato lacerato. Mi relaziono così a Maria? Riconosco in Lei la Madre cui Gesù mi ha affidato e che mi aiuta a riconoscere Lui nei fratelli e gli altri come fratelli in Lui? Lascio che l’amore a Maria nutra in me l’amore alla Chiesa e alla fede dei Patriarchi e dei Profeti?

6. Perseverante nella notte della fede. Alla morte del Figlio,

abbandonato sulla Croce, segue un tempo oscuro, il sabato santo della prostrazione e dell’attesa, in cui la tradizione cristiana ha riconosciuto un ruolo unico a Maria, la Vergine Madre di Gesù. Mentre il Figlio giace morto nel sepolcro, la Madre custodisce la fede, abbandonata nelle mani del Dio fedele che compirà le Sue promesse. È perciò antico uso liturgico consacrare il sabato alla Vergine, quale memoria di quel “grande sabato”, nel quale in Lei si raccolse tutta la fede della Chiesa e dell’umanità, nell’attesa trepida della risurrezione. Il sabato santo di Maria parla in modo eloquente a noi, pellegrini nel grande sabato del tempo, che sfocerà nella domenica senza tramonto, quando Dio sarà tutto in tutti e il mondo intero sarà la patria di Dio. Nel tempo del silenzio di Dio, nello stupore dolente davanti al Dio crocifisso e abbandonato, viene allora da chiederci sull’esempio e con l’intercessione di Maria: credo veramente in Dio? Mi pongo in ascolto docile e perseverante del Suo progetto d’amore su di me? vivo la gioia del sapermi amato con Cristo e in Lui dal Padre, anche nel tempo della prova e del silenzio di Dio? irradio questa gioia? cerco di piacere sempre e solo a Dio nell’eloquenza dei gesti, senza inseguire l’immagine o crearmi maschere di difesa o di evasione? Possa la Vergine Madre aiutarci a rispondere con verità a questi interrogativi e a vivere, come lei l’ha vissuto, il primato dell’amore e della fede nel lungo sabato del tempo, di cui il sabato santo è figura e profezia, finché venga la domenica senza tramonto, nella quale Maria è già entrata, anticipando il destino di quanti avranno creduto nel suo Figlio, amando e sperando con l’aiuto della Sua grazia.

7. Aperti con Maria alle sorprese del Signore. Chiediamo insieme a Maria di intercedere per noi e di ottenerci una fede irradiante, una speranza viva e una carità operosa: Prega per noi, Maria, Figlia di Sion, donna dell’ottavo giorno, in cui l’Eterno compì le meraviglie della nostra salvezza! In Te, Vergine accogliente, rifulse l’Amore umile che aveva reso possibile il primo mattino degli esseri. In Te, Vergine dell’ascolto, la fede di Abramo toccò il vertice puro fra quanti credettero nell’impossibile possibilità di Dio. Per il Tuo sì ospitale la promessa divina si realizzò in Gesù, l’atteso delle genti: la notte del Tuo grembo verginale fece spazio alla Luce della vita. La notte del Tuo amore materno accompagnò i Suoi passi fino all’estremo abbandono. La notte della Tua fede umile condivise l’ora delle tenebre, quando la spada ti trapassò l’anima come i chiodi il corpo del Tuo Figlio. Il Tuo cuore trafitto custodì nella fede l’attesa innamorata dell’aurora. Tu sei la Madre dell’amore abbandonato, la Sposa dell’amore vittorioso, la Regina della notte del Messia! In Te, al compimento di quella notte, si offrì la luce dell’aurora: Tu primizia degli amati nel cuore dell’Amato, con Lui nascosta in Dio nella Tua carne di donna, meraviglioso pegno dell’umanità nuova, riconciliata per sempre nell’amore. Prega per noi, Maria, Vergine e Madre, Sposa e Regina, e ottienici dal Figlio Tuo e Redentore nostro una fede sempre più viva e innamorata, una speranza ardente, una carità umile e operosa, capaci di attrarre a Lui ogni cuore aperto alla verità che libera e salva. Amen. Alleluia.



lunedì 5 dicembre 2016

★ NOTA DIOCESANA ★ SIAMO ASSALITI DA ESERCITI DI QUESTUANTI... GENTE CHE CI CHIEDE SOLDI OVUNQUE IN ITALIA E ALL'ESTERO PER OGNI GENERE DI COSE E DI PROBLEMA ... CI DISPIACE PER TANTA POVERTÀ E INDIGENZA MA NON SIAMO IN GRADO DI FARVI FRONTE.... PUBBLICHIAMO QUESTA NOTA DIOCESANA DI P R E C I S A Z I O N E : La nostra Chiesa è una chiesa di origine Ortodossa greca e non ha fondi e finanziamenti statali ( 8 per mille ed altri sussidi pubblici ) come la Chiesa Cattolica Romana o la Chiesa del Vaticano per cui ha pochissime risorse: a volte qualche offerta dei fedeli e quindi è impossibile per noi aiutare oggi altre persone che chiedono soldi... Diciamo loro : dovreste rivolgervi alla Caritas delle vostre Diocesi e Parrocchie di appartenenza che possono contare sui sussidi e hanno risorse. Vi ringrazio per l'attenzione. ◇ La SEGRETERIA DIOCESANA ◇ Milano, 4 Dicembre 2016 ◆ + ◆

venerdì 2 dicembre 2016

AVVENTO
IL TEMPO DELL'ATTESA.
NOI COSA ATTENDIAMO? CHI ATTENDIAMO.....
SIAMO SICURI DI ATTENDERE IL DIO-UOMO?
Di certo l'avvento ci prepara ad accogliere un dio molto strano...
Il Figlio di Dio,non ci aiuta con la sua onnipotenza,ma ci aiuta con la sua Debolezza.( nasce in una grotta,perché non cera posto per loro nell'albergo) Lc,2,7.
La sua regalità è distendersi sulla croce,per risorgere e far risorgere nell'amore.
Questa è l'attesa cristiana,tutto il resto è paganesimo sincretistico.
Aiutami Signore a credere che tu sei il Figlio di Dio,il logos fatto carne.Amen.

domenica 27 novembre 2016

AVVENTO.......
VIENI SIGNORE,VIENI SEMPRE E CONTINUA A PORRE LA TENDA TRA NOI.VIENI A SANARE LE NOSTRE FERITE,VIENI A RIDARE SPERANZA,VIENI A RINNOVARE LE TERRA.VIENI NEI CUORI DI CHI SI E' SMARRITO,VIENI NELLE CASE DI TANTE FAMIGLIE,DISGREGATE.VIENI NEI CUORI SUPERBI E MALVAGI,DI QUANTI FANNO DELLA VIOLENZA E DELL'ILLEGALITÀ' LA LORO VITA.VIENI NEI POTENTI DELLA TERRA,CHE SI ILLUDONO DI SOSTITUIRSI A DIO.VIENI SOPRATTUTTO IN ME,PERCHÉ' LA MIA VITA SIA TESTIMONIANZA VIVA DI CIO' PER CUI VIVO,CREDO E SPERO. AMEN.

sabato 19 novembre 2016

LA MISERICORDIA E' LA PERSONA STESSA DI GESU'.
OGNI ALTRA MISERICORDIA E' UN MISERICORDISMO FINE A SE STESSO.
Il vangelo di Luca, evidenzia che non è la religione del tempio quella che orienta l’agire di Gesù, ma è lo “Spirito del Signore” che dà a tutta la sua vita la direzione verso gli ultimi.
Questi quattro gruppi di persone, i «poveri», i «prigionieri», i «ciechi» e gli «oppressi» rappresentano e riassumono coloro che Gesù porta maggiormente dentro il suo cuore di profeta della compassione. In questa vita data per intero a infondere speranza ai poveri, a liberare da schiavitù, ad alleviare la sofferenza e ad offrire il perdono gratuito di Dio, possiamo vedere incarnata la misericordia del Padre.
La sofferenza, prima preoccupazione di Gesù:I vangeli non presentano Gesù che cammina per la Galilea in cerca di peccatori per convertirli dai loro peccati. Lo descrivono che si avvicina agli infermi per alleviare la loro sofferenza; accarezzando la pelle dei lebbrosi per liberarli dalla esclusione. Per dirlo in altro modo, nell’agire di Gesù è più determinante eliminare la sofferenza e umanizzare la vita che denunciare i peccati e chiamare a penitenza i peccatori. Non è che non lo preoccupi il peccato ma, per il Profeta della compassione, il peccato più grande contro il progetto umanizzante del regno di Dio consiste nell’introdurre nella vita sofferenza ingiusta o tollerarla con indifferenza, disinteressandoci delle persone che soffrono.Gesù comincia a parlare un linguaggio nuovo e provocatorio. .si faccia giustizia ai suoi figli più indifesi. Essi devono sapere che la misericordia di Dio non li abbandonerà mai. Per questo, Gesù incomincia a lanciare il suo grido profetico per tutta la Galilea. Si incontra con famiglie che non hanno potuto difendere le loro terre davanti agli abusi dei latifondisti e grida: «Beati voi che non avete niente[9] perché vostro è il regno di Dio». Osserva la denutrizione delle donne e dei bambini, e li assicura: «Beati voi che adesso avete fame perché sarete saziati». Vede piangere di impotenza i contadini quando gli esattori si portano via il meglio dei raccolti e li consola: «Beati voi che adesso piangete perché riderete».
L’accoglienza dei “peccatori” più disprezzati...
Ciò che più scandalizzava era l’abitudine di Gesù di sedersi a mangiare con loro alla stessa mensa. Non è qualcosa di secondario. È il tratto che caratterizza il suo modo di fare con i peccatori più disprezzati. è il gesto profetico più originale e rappresentativo del profeta della misericordia. In mezzo a un clima di condanna e di discriminazione generale, Gesù introduce un gesto profetico di accoglienza e inclusione.Il significato profondo di questi pasti consiste nel fatto che Gesù crea con loro una «comunità di mensa» davanti a Dio.
La tavola di Gesù è una tavola aperta a tutti. Dio non esclude nessuno, neppure i peccatori più disprezzati. Gesù sa molto bene che la sua tavola con peccatori non è la “tavola pura” dei farisei che escludevano gli impuri, né la “tavola santa” della comunità di Qumran, alla quale non si ammettevano i “figli delle tenebre”. È la “tavola accogliente” di Dio. Questa tavola, condivisa da tutti, rompe il cerchio diabolico della discriminazione e apre uno spazio nuovo dove tutti sono accolti e invitati a incontrarsi con il Padre della misericordia. Gesù pone tutti, giusti e peccatori, davanti al mistero insondabile di Dio. Non vi sono giusti con diritti e peccatori senza diritti. A tutti si offre gratuitamente la misericordia infinita di Dio. Sono esclusi coloro che non l’accolgono.
Questa misericordia insondabile del Padre può essere annunciata solo da una Chiesa accogliente, che elimina pregiudizi e rompe frontiere. In ogni atto di evangelizzazione non può mancare il messaggio del perdono gratuito e immeritato di Dio. Anche oggi tutti i collettivi che sono condannati, discriminati o ignorati in qualche misura dalla società o dalla Chiesa (prostitute, delinquenti, tossicodipendenti, gay, lesbiche, transessuali…) devono ascoltare il messaggio di Gesù: «Quando vi vedete condannati dalla Chiesa, sappiate che Dio vi guarda con amore. Quando nessuno vi perdona, sentite sopra di voi il perdono inesauribile di Dio. Quando vi sentite soli e umiliati, ascoltate il vostro cuore e sentirete che Dio è con voi. Anche se tutti vi abbandonano, Dio non vi abbandonerà mai. Non lo meritate. Non lo meritiamo nessuno. Ma Dio è così: misericordia e perdono senza limiti».

domenica 13 novembre 2016

DOMENICA 13 NOVEMBRE
GLI ULTIMI TEMPI,NON LA FINE MA IL FINE.
Leggere o ascoltare le notizie di cronaca o di politica induce alla depressione. La rissosità e la vacuità sono assurti a stile di vita. La crisi è reale, subdola, inchioda le famiglie alle proprie fatiche, impedisce di immaginare un futuro.
Ma quello che più scoraggia è la generale disillusione, la cattiveria dilagante, l'aria che tira.
Come da fine impero, come a Pompei prima dell'eruzione, come nel più cupo medioevo.
Tecnologico e buio.
Sapremo di andare a fondo leggendo la notizia su un tablet, bel progresso.
Dai roghi tossici ai femminicidi, dai giochi d'azzardo che svuotano le tasche degli italiani regalando un'amara illusione alle cupe previsioni economiche, per la prima volta sperimentiamo sul serio (e non, come spesso accade in Italia, per abitudine scaramantica alla lamentela) la fatica ad andare avanti.
Come nel dopoguerra, ma senza guerra.
In questi tempi cupi un po' ci si affida alla fede, molto di più ai cartomanti e ai santoni, vivi o imbalsamati.
E, ovviamente, qualche veggente cattolico ci assicura che siamo negli ultimi tempi. Ma dai!
Che scoperta! Dalla resurrezione in avanti siamo alla fine dei tempi.
State a sentire Luca, allora.
In questa penultima domenica dell'anno liturgico Luca parla alla sua e alla nostra comunità degli ultimi tempi. Quelli che sono già iniziati.
Non parla della fine ma del fine. Non della clamorosa implosione del mondo ma del senso della storia.
A capirla e saperla leggere.
Sta evangelizzando una comunità perseguitata, impressionata dalla distruzione di Gerusalemme e del tempio, impaurita dall'ondata di odio scatenata da Nerone.
Siamo perduti?, si chiedono i suoi parrocchiani, È la fine?
Non ve lo chiedete mai? Io sì.
E se Dio si fosse sbagliato? E se la vita fosse davvero un coacervo inestricabile di luce e di tenebre che mastica e tritura ogni emozione e ogni sogno? E se Dio - tenero! - avesse esagerato con l'idea della libertà degli uomini e del fatto che l'uomo può farcela da solo?
Me lo chiedo quando incontro gli amici , che non sanno più cosa fare, che pensano che, forse, hanno vinto i malvagi.
Me lo chiedo quando vedo un giovane papà prendere il camper e andare in Germania a cercare lavoro, con una laurea in tasca e un ex-lavoro da dirigente.
Me lo chiedo quando vedo persone sane, trasparenti, volenterose venire offese, turlupinate, ingannate e restano seduti nella sala d'aspetto delle opportunità (sociali, lavorative, economiche) vedendosi passare davanti persone ignoranti e arroganti.
È la fine? Dobbiamo arrenderci?
Alzate lo sguardo
No, dice Gesù, state sereni.
Non sono questi i segni della fine, come qualche predicatore radiofonico insiste nel dire. Non sono questi i segnali di un mondo che precipita nel caos.
E, sorridendo, il Maestro ci dice: cambia il tuo sguardo. Cambia te stesso. Cambia il mondo.
Guarda alle cose positive, al tanto amore che l'umanità, nonostante tutto, riesce a produrre, allo stupore che suscita il Creato e che tutto ridimensiona, al Regno che avanza nei cuori, timido, discreto, pacifico, disarmato. Guarda a te stesso, fratello mio, a quanto il Signore è riuscito a compiere in tutti gli anni della tua vita, nonostante tutto.
A tutto l'amore che hai donato e ricevuto, nonostante tutto.
Guarda a te e all'opera splendida di Dio, alla sua manifestazione solare, al bene e al bello che ha creato in te. Guarda e non ti scoraggiare.
Di più: la fatica può essere l'occasione di crescere, di credere. La fede si affina nella prova, diventa più trasparente, il tuo sguardo si rende più trasparente, diventi testimone di Dio quando ti giudicano, diventi santo davvero (Non quelli zuccherosi della nostra malata devozione!) e non te ne accorgi, ti scopri credente.
Se il mondo ci critica e ci giudica, se ci attacca, non mettiamoci sulle difensive, non ragioniamo con la logica di questo mondo: affidiamoci allo Spirito.
Quando il mondo parla troppo della Chiesa, la Chiesa deve parlare maggiormente di Cristo!
Lo dico CON ESTREMA COERENZA E FORZA : a me questa cosa non piace affatto.
Preferisco crogiolarmi nelle mie vere o presunte disgrazie, preferisco lamentarmi di tutto e di tutti, vivere nella rabbia cronica.
Preferisco cento volte lamentarmi del mondo brutto sporco e cattivo ed eventualmente
costruirmi una piccola setta cattolica molto devota in cui ci troviamo bene (Almeno all'inizio poi, è statistico, facciamo come il mondo cattivo!).
Preferisco fare a modo mio.....
Mi affatica l'idea di dover cambiare me stesso. E il mo sguardo. E il mio cuore.
Ma se proprio devo fare come vuoi tu, Signore, allora libera il mio cuore dal peso del peccato, dall'incoerenza profonda, dalla tendenza all'autolesionismo che mi contraddistingue e rendimi libero, in attesa del tuo Regno.

mercoledì 2 novembre 2016

COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI.
NON CERCARE TRA I MORTI,IO SONO RISORTO.
«Vivere è convivere con l'idea che tutto prima o poi finirà. La morte è come una sentinella che fa da guardia al mistero. E' la roccia che ci impedisce d'affondare nella superficialità. E' un segnale che ci costringe a cercare una meta per cui valga la pena vivere». 
La vita è un cammino nel solco della malinconia di un ritorno ad un corpo amorevole, quello da cui siamo stati concepiti, è la prova che ci porta ad abbandonarci non alla speranza terrena d'essere salvati da una macchina, ma d'essere accolti nell'abbraccio tenero di quel corpo di Padre-Madre.
«Quando la prospettiva della morte ci spaventa e ci getta nella depressione, ecco che dal profondo del cuore riemerge un presentimento e la nostalgia di un Altro che possa accoglierci e farci sentire amati. La sua figura ha al tempo stesso tratti paterni e materni. E' pertanto evocazione dell'origine, del grembo, della patria, del focolare, del cuore a cui rimettere tutto ciò che siamo, del volto a cui guardare senza timore». Chiudere gli occhi nell'«eterno riposo» significa riaprirli nella limpidezza della Sorgente che ci ha generati, fatta anche delle lacrime della vita mortale che non vanno perdute.
«Ostentare ricchezza, potere, sicurezza, salute, attivismo sono espedienti per esorcizzare l'angoscia del tempo che ci sfugge dalle mani» diceva Martini in un altro contesto, rammentandoci come la visione quotidiana del bianco e del nero debba essere rovesciata. Ciò che vediamo bianco - salute, successo, denaro - in realtà è il riflesso del timore di ciò che crediamo nero - la morte - che invece è come per San Francesco «la sorella» che ci prende per mano per riportarci nell'amore da cui partimmo. «Sentiamo quasi una certa invidia e una profonda nostalgia per la libertà di spirito, la scioltezza spirituale e la gioia di Francesco d'Assisi di fronte alla morte» diceva Martini il 3 ottobre 1995, vigilia della festa del Santo Patrono d'Italia.
Invidia: pulsione che si rivolge ai detentori di beni materiali, mentre in questo caso è diretta verso chi ha raggiunto la bellezza di una libertà da tutto ciò che può significare mondo. «Il motivo del «ritorno» soggiace alla parola ebraica shuv che esprime il cambiamento del cuore e della vita» scrive ancora Martini. «E mi sono riappacificato con l'idea di morire quando ho compreso che senza la morte non arriveremo mai a fare un atto di piena fiducia. Di fatto in ogni scelta impegnativa noi abbiamo sempre un'uscita di sicurezza. Invece la morte ci obbliga a fidarci totalmente. Di Dio».

martedì 1 novembre 2016

La liturgia della Parola,in questa solennità di tutti i santi, ci aiuta a riflettere sulla nostra santità....
Al SIGNORE appartiene la terra e tutto quel che è in essa, il mondo e i suoi abitanti.
Poiché egli l'ha fondata sui mari, e l'ha stabilita sui fiumi.
3 Chi salirà al monte del SIGNORE?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
4 L'uomo innocente di mani e puro di cuore,
che non eleva l'animo a vanità
e non giura con il proposito di ingannare.
5 Egli riceverà benedizione dal SIGNORE,
giustizia dal Dio della sua salvezza.
6 Tale è la generazione di quelli che lo cercano,
di quelli che cercano il tuo volto, o Dio di Giacobbe.
7 O porte, alzate i vostri frontoni;
e voi, porte eterne, alzatevi;
e il Re di gloria entrerà.
8 Chi è questo Re di gloria?
È il SIGNORE, forte e potente,
il SIGNORE potente in battaglia.
9 O porte, alzate i vostri frontoni;
alzatevi, o porte eterne,
e il Re di gloria entrerà.
10 Chi è questo Re di gloria?
È il SIGNORE degli eserciti;
egli è il Re di gloria.
il salmo 24 è uno dei documenti più antichi della liturgia ebraica, che ha come sfondo il rituale dell'ingresso dell'arca nel tempio di Gerusalemme. È un rituale che intende celebrare il ritorno della gloria di Dio dopo la sua "assenza" dovuta all'esilio.
È un testo variamente interpretato nel corso della storia. C'è chi vi ha visto il tema dell'innocenza morale per accedere alla comunità liturgica. Chi vi ha visto una riproduzione dell'ascensione di Cristo al cielo. Chi vi ha visto l'incarnazione del Re di gloria, interpretando l'ingresso dell'arca nel tempio come l'apparire di Cristo nell'umanità con la sua nascita in mezzo a noi.
Ad una lettura attenta di questo salmo, nella sua attuale redazione, scopriamo che esso è articolato in tre parti che originariamente dovevano essere indipendenti, ma che poi sono state messe insieme in modo ben coordinato.
La prima parte (1-2) è un inno al Creatore e Signore del mondo.
La seconda parte (3-6) è un elenco delle condizioni morali per accedere al culto nel tempio.
La terza parte (7-10) è un inno trionfale, dialogato, che descrive l'ingresso del re di gloria nel tempio.
In effetti, il salmo risponde a tre precise domande:
1.chi ha la sovranità e il diritto di proprietà sul creato?
2.chi ha diritto di salire al monte dell'Eterno ed è degno di stare alla presenza di Dio?
3.chi ha diritto a regnare su di noi?
Anche nel salmo 15 ritroviamo le stesse domande. E questo ci fa pensare come Davide fosse fortemente coinvolto in questa tematica.
La prima domanda:A chi appartiene l'universo,e la terra degli abitanti?
Risposta:Al SIGNORE appartiene la terra e tutto quel che è in essa, il mondo e i suoi abitanti.
La risposta a questa domanda si presenta come una vera confessione di fede. Possiamo dire che è la confessione di fede di Davide sulla signoria dell'Eterno. Se poi,ci riferiamo al contesto biblico di Davide,ci accorgiamo che ,questa risposta è uno dei primi articoli della teologia ebraica.
Per comprendere appieno questa verità teologica fondante,possiamo fare riferimento ,alla poesia ebraica (1 Sam. 2, 8, Es. 15; Salmo 19,1), nei salmi (50, 12; 74, 16-17; 89, 11-12; 95, 4-5; 97,5) e nella predicazione profetica (Is. 34,1; Ger. 8, 16; 47, 2; Ez. 19, 7; 30, 12; Mi. 1, 2) e deuteronomica (1, 4; 33, 16).
In questa confessione di fede, Dio è all'origine di tutto ed ha ogni diritto su tutta la creazione: "Al SIGNORE appartiene la terra e tutto quel che è in essa, il mondo e i suoi abitanti".
E noi di conseguenza apparteniamo al Signore che ci ha
Prima di appartenere ai nostri genitori, alla nostra famiglia, a nostra moglie o a nostro marito, prima di appartenere o non a chicchessia, in ogni caso è certo che noi apparteniamo a Dio .
Ogni essere umano appartiene a Dio, perché è creazione ad immagine e somiglianza di Dio (Gen. 1, 26-27; 1 Cor. 10, 26), e in virtù di questa nobile appartenenza il compito della creatura è di avere rispetto di quanto ci è stato consegnato .
Dice il Signore: "La terra è mia e voi state da me come stranieri e ospiti" (Lev. 25, 23).
Il nostro testo afferma, inoltre, che Dio "ha fondato la terra sui mari e l'ha stabilita sui fiumi" (2), mari e fiumi che sono simbolo della fragilità, della instabilità con cui l'uomo deve confrontarsi nella sua vita . Ma ciò che rimane stabile è l'azione di Dio che con la sua parola celebra la vittoria sulle forze distruttrici del caos e della morte. "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno" (Lc. 21, 33).
La seconda domanda:
Chi di noi ha il diritto di salire al monte dell'Eterno ed è degno di stare alla sua presenza, dinanzi alla sua santità?
Il salmista risponde delineando un uomo, che abbia necessariamente tre caratteristiche.
a)prima caratteristica: "…innocente di manie puro di cuore;
b)seconda caratteristica: "che non eleva l'animo a vanità";
c)terza caratteristica: " e non giura con il proposito di ingannare" .
Le mani rappresentano l'azione,il cuore l'intenzione, la volontà, cioè tutto l'essere dell'uomo orientato verso Dio e la sua legge. E tutte due insieme rappresentano l'essere umano nelle sue scelte religiose, morali e sociali.
La seconda caratteristica (verticale): "che non eleva l'animo a vanità"esprime una vita religiosa e spirituale che sia contro ogni forma di idolatria e che ponga Dio al centro della esistenza. E' una scelta di comunione con Dio (Salmo 31, 7; Os. 4, 8).
La terza caratteristica (orizzontale): "e non giura con il proposito di ingannare"esprimela vita dell'uomo nella dimensione sociale della morale che trova nel decalogo la sua prescrizione: "Non attestare il falso contro il tuo prossimo" (Es. 20, 16 e Deut. 5, 20).
Ma quale uomo ha i requisiti per essere dichiarato degno di stare alla presenza di Dio?
Chi potrà salire al monte santo, chi potrà stare nel suo luogo santo a pieno diritto?
L'apostolo Paolo nell'epistola ai Romani mette a nudo la natura umana e afferma che gli tutti gli uomini sono:"…ricolmi di ogni ingiustizia, malvagità, cupidigia, malizia; pieni d'invidia, di omicidio, di contesa, di frode, di malignità; calunniatori, maldicenti, abominevoli a Dio, insolenti, superbi, vanagloriosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza affetti naturali, spietati" (Rom. 1, 29-31) ed afferma:
"Non c'è alcun giusto, neppure uno. Non c'è nessuno che capisca, non c'è nessuno che cerchi Dio. Tutti si sono sviati, tutti quanti si sono corrotti. Non c'è nessuno che pratichi la bontà, no, neppure uno» . (Rom. 3, 10-12).
Non c'è alcun giusto, n
Dopo aver dichiarato che "tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, indegni a comparire alla presenza di Dio, Paolo rivela che Dio imputa la sua giustizia a tutti coloro che ripongono la loro fede in Cristo Gesù e sono dunque "gratuitamente giustificati per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù"
E Paolo continua:"Lui ha preordinato per far l'espiazione mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare così la sua giustizia per il perdono dei peccati, che sono stati precedentemente commessi durante il tempo della pazienza di Dio" . Egli, Cristo, è l'unico che abbia potuto pagare il prezzo della nostra salvezza e della nostra accettabilità davanti a Dio.
Infatti, Cristo è venuto"…per manifestare la sua giustizia nel tempo presente, affinché egli sia giusto e giustificatore di colui che ha la fede di Gesù".
Cristo, il giusto, riveste della sua giustizia il peccatore credente, che con questa giustizia, non sua, ma ricevuta per grazia, può presentarsi di fronte a Dio.
"Chi salirà al monte del Signore? Chi starà nel suo santo luogo?"
E' l'uomo Gesù Cristo che nel suo cammino di abbassamento e di umiliazione, dopo aver lenito tutte le nostre ferite e portato tutti i nostri dolori, uomo sofferente, ubbidiente fino alla morte, può rappresentarci a pieno titolo dinanzi al Padre e, dunque, portarci alla Sua presenza.
Solo colui che è disceso dal cielo, può risalire al cielo (Gv. 3, 13).
Solo chi si è abbassato, può essere innalzato (Fil. 2, 8-9).
Non sono le nostre opere, i nostri meriti, i nostri sforzi morali, religiosi e sociali a permetterci di andare alla presenza del Padre, ma soltanto il perfetto cammino di Gesù tra noi, uomo tra gli uomini.
Questa rimane una condizione fondamentale per il credente,la sequela come adesione interiore,possiamo dire anche,la sequela come amore incondizionato,che presiede ogni attività e amore terreno. La sequela come cammino educativo della nostra animalità e contemplativo della nostra spiritualità.
TERZA DOMANDA:Chi ha il diritto di regnare su noi?
C'è, in questo tratto finale nel nostro salmo, un inno che celebra la figura di un "re della gloria", che entra trionfalmente nella città di Gerusalemme per andare a prendere dimora nel tempio come unico e legittimo pretendente al trono. E' rivestito di gloria, cioè dello splendore della sua maestà.
Se nei passi precedenti si è celebrata la sovranità di Dio come creatore, la sua giustizia e la sua salvezza come redentore, qui si canta la vittoria del re che alla testa dei suoi eserciti celesti prende possesso di ciò che gli appartiene.
Gesù, verso la fine del suo ministero terreno, è entrato in Gerusalemme nel tempio. La folla lo ha acclamato con le grida: "Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il regno che viene, il regno di Davide, nostro padre! Osanna nei luoghi altissimi!"(Mc. 11, 9-10). Vi è entrato come re su un'asina, secondo la profezia di Zaccaria (9, 9), in un mesto silenzio personale.
Questa Gerusalemme lo ha fatto soffrire e gli ha dato la morte.
Ma la vera Gerusalemme che lo ha accolto e che gli ha aperto le proprie porte per dargli il posto come Re dei re, Signore dei Signori e Salvatore è un'altra.
La vera Gerusalemme è la sua chiesa, la sua sposa, costituita da tutti i riscattati dal sacrificio di Cristo e che il discepolo Giovanni vede nella sua visione nell'Apocalisse.
Dunque, il diritto a regnare su di noi è di Colui che ha dato la sua vita per noi e che noi abbiamo accolto capo e maestro della chiesa spirituale,sponsale che appartiene a un regno che non è di questo mondo (Ef. 1, 22-23; Col 1, 18).
Noi possiamo salire al monte,solo se facciamo nostre le caratteristiche descritte dal salmo. Possiamo salire al monte se mani e lingua sono purificati. Possiamo salire al monte e abitarvi solo se non dimentichiamo di essere tralci inseriti nella vite,figli, legati al pastore unico,terreno che sa quotidianamente accogliere la Benedizione,perché da soli non possiamo nulla,con Lui possiamo tutto. Siate santi come io sono santo.
+Padre Mario Metodio

lunedì 31 ottobre 2016

MEMORIA NELLA SOLENNITÀ' DI TUTTI I SANTI.
Le prime tracce di una celebrazione generale sono attestate ad Antiochia, e fanno riferimento alla Domenica successiva alla Pentecoste[1]. Questa usanza viene citata anche nella settantaquattresima omelia di Giovanni Crisostomo (407)[1] ed è preservata fino ad oggi dalle chiese orientali. Anche Efrem Siro (373) parla di tale festa, e la colloca il 13 maggio[1].
IMPARIAMO DAI SANTI IL SORRISO DI DIO.
Fate che chiunque venga a voi se ne vada sentendosi meglio e più felice.
Tutti devono vedere la bontà del vostro viso, nei vostri occhi, nel vostro sorriso.
La gioia traspare dagli occhi, si manifesta quando parliamo e camminiamo.
Non può essere racchiusa dentro di noi. Trabocca.
La gioia è molto contagiosa. Fa’, o Signore, che amiamo non nelle grandi ma
nelle piccole cose fatte con grande amore. C’è tanto amore in tutti noi. Non
dobbiamo temere di manifestarlo, perchè non sapremo mai quanto bene può
fare un semplice sorriso.
AMEN.
SIGNORE AIUTAMI A CAPIRE.
SALMO 46.AVVERTO CHE VUOI PARLARMI E PARLARE AL TUO POPOLO.
Dio è per noi un rifugio e una forza,
un aiuto sempre pronto nelle difficoltà.
2 Perciò non temiamo se la terra è sconvolta,
se i monti si smuovono in mezzo al mare,
3 se le sue acque rumoreggiano, schiumano
e si gonfiano, facendo tremare i monti. [Pausa]
4 C’è un fiume, i cui ruscelli rallegrano la città di Dio,
il luogo santo della dimora dell’Altissimo.
5 Dio si trova in essa: non potrà vacillare.
Dio la soccorrerà al primo chiarore del mattino.
6 Le nazioni rumoreggiano, i regni vacillano;
egli fa udire la sua voce, la terra si scioglie.
7 Il SIGNORE degli eserciti è con noi,
il Dio di Giacobbe è il nostro rifugio. [Pausa]
8 Venite, guardate le opere del SIGNORE,
egli fa sulla terra cose stupende.
9 Fa cessare le guerre fino all’estremità della terra;
rompe gli archi, spezza le lance, brucia i carri da guerra.
10 «Fermatevi», dice, «e riconoscete che io sono Dio.
Io sarò glorificato fra le nazioni,
sarò glorificato sulla terra».
11 Il SIGNORE degli eserciti è con noi;
il Dio di Giacobbe è il nostro rifugio.

sabato 8 ottobre 2016

http://voxnews.info/2016/10/08/scandalo-vaticano-91-milioni-per-curare-malati-usati-per-giocare-in-borsa/


Ieri,il sostituto della segreteria di stato,mons Becciu,annunciava al mondo che ,il Papa,alla notizia,che lo stesso si apprestava a riferire,sulle nozze civili di due ex suore, sottolineava,come il volto,del del Santo padre,si è rattristato.
Chissà se,Lo stesso vescovo Becciu,ci comunicherà,quale espressione di dolore,il Santo Padre,ha mostrato di fronte a questa bellissima testimonianza di fede.

giovedì 29 settembre 2016

FESTA DEGLI ARCANGELI
LA DIMENSIONE ANGELICA NELLA PRASSI PASTORALE
Il recupero della spiritualità, come orizzonte invisibile delle realtà create.
Gli angeli ai pastori hanno portato il vangelo, i pastori l’hanno verificato e l’hanno
comunicato ad altri dicendo che le cose stanno proprio come i primi annunciatori avevano
detto. Questa è la storia della tradizione, è l’annuncio del vangelo, viene proletticamente
presentato il compito apostolico dopo la Pasqua.
Il racconto non è un idillio natalizio, ma un quadro teologico dove gli angeli e i pastori
hanno una funzione di collaborazione: gli angeli e gli uomini hanno Cristo al centro. Gli
angeli rivelano, gli uomini accolgono e a loro volta diventano messaggeri, testimoni,
annunciatori di questo evento che è stato loro presentato.
Forse questo episodio è, nel complesso dei vangeli, quello più significativo per la
teologia degli angeli, perché ci aiuta a comprendere il loro ruolo di collaborazione
dell’annuncio di salvezza.
Gli angeli sono mietitori, sono ministri, messaggeri, annunciatori, partecipano alla gioia degli uomini, sono parola, anticipatori del piano di salvezza, primi collaboratori dell’annuncio delle grandi opere di Dio. Ma la cosa più importante che portano il Vangelo.
Ma nello stesso tempo troviamo angeli che si caratterizzano come separatori, accusatori ,ribelli, tentatori, questi si contrappongono al piano salvifico e cercano di destabilizzare, contrapporre il male al bene. Questi angeli che definiamo come demoniaci, hanno un potere enorme sulla vita delle persone, soprattutto quando, ci si lascia tentare da quella materialità di benessere e si comincia a strutturare la nostra vita, solo dentro una circolarità temporale. Gli angeli del Signore sono educatori di umanità ,ci insegnano una pedagogia volta a guardare dentro di noi e in alto verso Dio .Gli angeli del male ci inducono solo alla materia e ci trasportano lontani dalla spiritualità, secondo il cuore di Gesù ,che è il Cristo della fede..
SIGNORE AIUTATI A SENTIRE I TUOI ANGELI VICINI.

martedì 27 settembre 2016

Gesù ci ricorda che la chiesa non è fatta di pietre ne di giri di affari.
Se non tornerà ad essere il piccolo gregge d'Israele,non sarà mai credibile. ( card. Martini )La sua presenza,non parlerà più del Maestro. Ritorniamo al Cenacolo,per divenire noi stessi,pane di speranza e vino di consolazione.I veri adoratori di Dio,pregano in Spirito e verità.
Non siamo chiamati ad essere del mondo ma nel mondo.Come possiamo essere profeti,maestri,testimoni,del Risorto,se possediamo tutto del mondo?
Non illudiamoci della ricchezza e della potenza della terra,perché ogni giorno, rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili.( canto del Magnificat).

sabato 13 agosto 2016

Arcivescovo Mapelli

Esprimo come Arcivescovo Primate di Monsignor Mons Mario Metodio Cirigliano il mio ringraziamento per questo incarico di rilievo e per la fiducia accordata ad un membro autorevole della nostra Chiesa Diocesana.
Confido che il nostro Vescovo Ausiliare saprà corrispondere con le sue qualità migliori a questo compito nel campo etico testimoniando quella dedizione al bene che il Signore ci ha indicato nelle Beatitudini evangeliche.
Costruire la casa etica del bene dove ad ognuno sia dato di poter vivere una vita umana nella piena dignità di persona fatta a immagine e somiglianza di Dio creatore : questo è il compito è la missione più grande su questa terra.
Auguri !
Auguro di cuire i migliori traguardi e le più belle realizzazioni!
In comunione di fraternità apostolica
Mons. + Giovanni Climaco Mapelli
Arcivescovo Primate
Milano, 14 Agosto 2016
Vigilia della Festa della Dormizione della Madre di Dio - memoria del martirio di frate San Massimiliano Maria Kolbe nel lager nazista di Auschwitz

lunedì 8 agosto 2016

MUSULMANI

La presenza delle comunità musulmane nelle parrocchie, durante le messe domenicali odierne in Francia e in Italia, ha ricevuto l’apprezzamento del cardinale Angelo Bagnasco.
“Siamo molto lieti e molto grati, insieme alle nostre comunità cristiane”, nonché “grati di questa pronta risposta a un appello che aspettavamo”, ha dichiarato il presidente della Conferenza Episcopale Italiana a colloquio con i giornalisti durante la GMG di Cracovia, commentando il gesto dei musulmani, proposto in solidarietà verso la Chiesa Cattolica, ferita dagli attacchi terroristici.
“Il fatto è che non sempre abbiamo sentito una reazione corale, ora questo invece si sta creando”, ha proseguito il porporato, prendendo atto che, nonostante il mondo musulmano sia “abbastanza frammentato”, sulla “condanna netta della barbarie si può essere tutti d’accordo”.
Secondo Bagnasco, “la religione vera porta sempre all’amore, alla pace, illumina la vita, tutto ciò che invece che si tinge di morte può dirsi religioso ma non lo è, mai”. Pertanto, “la primissima risposta al fondamentalismo barbaro e brutale deve arrivare dal mondo islamico, perché se chi pratica la violenza si sente circondato da una condanna netta, chiara, permanente, senza paura credo dovrà prenderne atto”.
QUESTE LE PAROLE DEL CARDINALE,PRESIDENTE DELLA CEI.
Dopo,gli avvenimenti,successi a Venezia,in alcune parrocchie,dove alcuni musulmani ,dopo aver ricevuto L'Eucaristia,( che tra l'altro,non capisco come sia stato possibile),hanno sputato sul crocifisso.Infatti il parroco ha dovuto esporre denuncia,dopo aver avvisato,L'Arcivescovo,ordinario.
Ci aspettiamo,una presa di posizione,da parte della chiesa locale,e del Presidente Bagnasco,vista l'esultanza,con la quale,ha aperto le braccia,esprimendo sentite felicitazioni,in segno di amore universale delle religioni.
Nel contempo,ci aspettiamo,che anche noi figli di un dio minore,appartenenti a chiese cristiane,considerate non canoniche,ma che condividono,l'unica fede,e spezzano il Pane della vita,trovino accoglimento,nella forma del rispetto.Anche se questa attitudine dell'anima è molto rara,nelle strutture della chiesa Potente,che si muove sempre,in iniziative geopolitiche e di tornaconto.
Io,credo,che il Gesù della storia,divenuto il Cristo della fede,abiti nei cuori,di quanti hanno mani innocenti e cuore puro.
+Mario Metodio.

domenica 7 agosto 2016

LA DOVE' IL TUO CUORE

LA DOVE' IL TUO CUORE,E' IL TUO TESORO.
IL NOSTRO CUORE DOVE'?
+ Dal Vangelo secondo Luca
.DOMENICA 7 AGOSTO.
Il Signore comincia parlando di tesori; infatti la vita dell’uomo è fatta di desideri, l’uomo cerca e desidera sempre qualche cosa, il cuore dell’uomo è fatto di speranza, di attesa: poiché l’uomo ha un cuore, questo è alla ricerca di un tesoro. Ma quale? C’è chi è alla ricerca dei soldi, o della cultura, e così via. Ma, secondo il Vangelo, il problema fondamentale è porre il desiderio del proprio cuore in riferimento a Dio: Dio è l’unico, autentico tesoro che può salvare il cuore dell’uomo; tutti gli altri tesori possono anche essere attraenti e grandi, ma, dice il Signore, sono effimeri, incerti, dipendono dalle situazioni: come la Borsa Valori di Milano. Sulla terra ci sono ladri che possono scassinare anche le casseforti più robuste, ci sono tignole o ruggine che possono corrodere anche i tesori più preziosi. Allora, dice il Signore: Non attaccate il vostro cuore a simili tesori, da poco; il vostro cuore è degno di cose più grandi, più belle; il cuore dell’uomo è fatto, in ultima analisi, per Dio, e solo se si attacca a Dio, trova fermezza e solidità.
Se dunque sei intelligente, spendi il tuo tempo e le tue energie per fare del bene, per fare quello che conta davanti a Dio: le altre cose, prima o poi, ti abbandoneranno e tu rimarrai solo. Dio, invece, e tutto quanto è presso Dio, ti viene garantito per sempre.
Questo brano, dunque, ci chiede una decisione: scegliere . nell ’uomo c’è come un occhio spirituale, l’occhio del cuore, attraverso cui l’uomo riesce a vedere l’amore di Dio, a sviluppare la fede, a riconoscere la bontà del Signore; se l’occhio del cuore funziona bene, – se quindi uno riesce a mettersi sotto lo sguardo di Dio, e ad avere fede –, allora tutta la vita dell’uomo si orienterà bene: nel costruire l’amicizia, nell'impegno politico, nel costruire l’amore e la famiglia e così via. Se l’uomo crede e ha il cuore aperto all'amore di Dio, tutta la sua vita viene orientata nel modo giusto: sa che deve imparare ad amare, che gli altri sono fratelli e non nemici da schiacciare, che deve portare i pesi degli altri e non far portare agli altri i propri pesi... è illuminato dall'amore di Dio, dalla luce dello Spirito. Allora, occorre fare attenzione al cuore, fare in modo che il cuore sia pulito, e creda davvero nell'amore, in Dio.quello che è prezioso davanti a Dio come obbiettivo della nostra vita.






































































































































lunedì 25 luglio 2016

NON ABBANDONARCI NELLA TENTAZIONE

NON ABBANDONARCI NELLA TENTAZIONE

QUANDO PREGATE DITE

PADRE NOSTRO.





 Padre nostro è la preghiera insegnataci da Gesù. Essa contiene in modo sintetico quanto basta alle nostre necessità materiali e spirituali. Consiste di sette domande. Le prime tre sono promesse e impegni. Le altre quattro sono richieste di aiuto.

Padre nostro.
  Il
Nel Padre nostro Gesù ci rivela che  Dio non è solo suo Padre, ma anche nostro Padre e quindi ci invita ad avere con lui un rapporto filiale. Egli non è il Dio distante, freddo, giudice severo che spesso ci facciamo di lui. Egli è il Padre misericordioso descrittoci da Gesù nella parabola del figlio prodigo. Un padre generoso e misericordioso fino all’inverosimile, perdona tutti i peccati dei quali siamo pentiti, ci ama fino a dare la sua vita per noi, si preoccupa della nostra felicità e della nostra salvezza. E’ esigente, sì, ma per amore e per la nostra gloria.
Non dobbiamo lamentarci se su questa terra non possediamo tutto il bene che desideriamo, perché siamo ancora in fase di prova. Gesù ci chiama a chiedere, anzitutto, il regno di Dio e il resto ci sarà dato in aggiunta. Se cerchiamo solo i beni di questa terra, la nostra anima va in rovina, perché ci viene a mancare la linfa essenziale che ci lega a Dio datore di vita e nostro unico benefattore. Un giorno avremo la pienezza della vita. Ora siamo chiamati ad accettare i doni ricevuti e ad essere grati a Dio. Dio ha promesso di donarci tutto se stesso, il suo regno, ma non subito, bensì al termine dei nostri giorni terreni, se avremo superato la prova dell'amore.
 Dio non è solo Padre mio, ma è Padre nostro, di tutti, per cui ci invita  ad amarci come fratelli. Se aspiriamo ad ottenere una grazia con la preghiera, è necessario prima  riconciliarci con Dio e con il prossimo.  “Quando vi mettete a pregare, - dice Gesù -  se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati” (Mc 11,25).


CHE SEI NEI CIELI

Dio è puro spirito, il totalmente Altro, e vuole essere adorato in spirito e verità. La verità, però, non è di provenienza umana , ma è Cristo stesso, Via, Verità e Vita, è il suo Vangelo. Su di lui e sulla sua Parola costruiamo sulla roccia. Sulla parola dell’uomo costruiamo sulla sabbia. Se non comprendiamo l’agire di Dio è perché i suoi pensieri e le sue vie sono diversi dai nostri.
Egli è una realtà superiore, conoscibile sulla terra solo per quel tanto che ci è stato rivelato dai profeti e da Gesù e con l’esercizio della fede e dell’umiltà: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mat 11,25).
 L’adesione a Dio è un dono che ci viene dalla sua chiamata, ma, per reggere nel tempo, deve essere alimentata dalla nostra buona volontà nell’osservare i suoi  comandamenti. Solo a queste condizioni Dio si manifesta, ci parla, ci illumina: “ Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv 14, 21).
 Dio vuole che perseguiamo la via della perfezione nell'amore, perché possiamo realizzare la nostra immagine e somiglianza di lui ed essere adottati come figli: “Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mat 5,48). Solo in cielo, tuttavia, si farà vedere a noi e si farà conoscere faccia a faccia come dono totale di sé  in risposta al nostro amore.
 Dio vive in una sfera di santità, di beatitudine, di felicità, di amore, di ordine, di perfetta intesa e unità  col Figlio e lo Spirito Santo, in comunione con i suoi angeli e i suoi santi che sono in eterna adorazione e contemplazione di lui.
Dio vuole che facciamo di noi la sua dimora, il suo Cielo, per amarlo e adorarlo, perché possa istruirci e aiutarci : “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20).
I Cieli di Dio sono i giusti, coloro che vivono nel suo amore e nella sua volontà, che si fanno tempio di Dio con l’adesione alla sua chiamata: “Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo” (2Co 6,16).


SIA SANTIFICATO IL TUO NOME

“Sia santificato il tuo nome” esprime il nostro desiderio sincero che Dio sia glorificato e onorato da tutti, a cominciare da noi, che sia amato per il suo amore gratuito e per la misericordia  infinita che ci ha dimostrato donandoci  la vita e liberandoci dalla morte.


VENGA IL TUO REGNO

Con questa domanda esprimiamo che Dio regni nel nostro cuore e nel mondo come un re di pace, di giustizia, di amore, non come uno che comanda, ma come uno che serve: “Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10,45).
Il regno di Dio, invocato nella preghiera, inizialmente entra nel cuore dell’uomo come una piccola cosa, ma poi, se è accolto con amore, cresce e mette frutti di opere buone: “Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo” (Mt 13,31).

Dio regna dentro di noi nella misura in cui ci sottomettiamo a lui perché sia libero di governare con la sua infinita sapienza e onnipotenza messe a nostro servizio, senza trovare da parte nostra resistenze e rifiuti che ne annullerebbero o ne diminuirebbero la forza.

Il regno di Dio è il suo amore per noi. Egli è lo sposo che viene a prendere le sue spose per condurle nelle sue dimore: “Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo” (Mt 25,1 ).

Il desiderio del regno di Dio ci santifica, accresce la fede e il nostro amore per lui, ci sprona a collaborare con la grazia, ci converte giorno per giorno, ci dona la forza di lottare contro le forze del male: ”chi rimane in me fa molto frutto”.

Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra
 Con queste parole chiediamo aiuto perché la nostra volontà, viziata dalla concupiscenza e dal peccato, sia uniformata a quella santa di Dio.

La volontà di Dio è che lo amiamo al di sopra di ogni cosa, con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze e il nostro prossimo come noi stessi e che abbiamo fede in Cristo Gesù Via, Verità e Vita: “Questa è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno”( Gv 6,40)

 Dio ha stabilito che l'uomo giusto sia simile a Gesù, che egli sia per noi un modello di obbedienza, di amore, di donazione della propria vita agli altri, di umiltà, di misericordia: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime” (Mt 11,29).

Volontà di Cristo è che ci amiamo gli uni gli altri come egli ci ha amati, che stabiliamo rapporti di pace, di giustizia, di carità: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34).

Se questo non avviene, rendiamo vana la nostra preghiera, impediamo al Signore  di aiutarci e ci accolliamo tutte le terribili conseguenze che derivano da una vita senza amore: solitudine, disperazione, dolore senza fine.


Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Con questa richiesta dichiariamo che Dio è la fonte della vita, che tutto quello che abbiamo viene da lui e imploriamo che continui a donarci la vita del corpo e dell’anima.
Fra tutte le cose materiali, Gesù ci fa chiedere il pane, cibo indispensabile alla vita.
 Chiedere il cibo quotidiano, significa chiedere il  necessario per vivere oggi, senza lasciarsi prendere dall'affanno di procurarci la sicurezza del futuro, perché del futuro non abbiamo nessuna certezza, è nelle mani di Dio. Cercare il superfluo, il lusso, la sicurezza, la ricchezza, può darci qualche soddisfazione materiale, ma non spirituale. L’abbondanza dei beni materiali non favorisce il progresso spirituale, anzi lo arresta, perché essa ci distoglie da Dio, ci insuperbisce, accresce l’egoismo e ci fa chiudere il nostro cuore ai poveri.
Dacci il “nostro pane” significa che deve essere guadagnato con il nostro lavoro e non sia un pane rubato.
Per pane, però, intendiamo non solo il cibo materiale, ma  soprattutto il nutrimento della vita dello spirito, la parola di Dio,  perché “non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.
C’è un altro pane da chiedere, ed è il pane sacramentale, ossia Cristo, il pane vivo disceso dal cielo, il cibo della salvezza, l’Eucaristia.  “Io sono il pane disceso dal cielo. - dice Gesù - Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno” (Gv 6,51). L’Eucaristia ci assicura la divina presenza di Gesù in noi, l'unione alla Chiesa, una forte testimonianza cristiana nella società: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui” (Gv 6,56)
 Chiediamo che Dio soddisfi  la nostra fame di verità, di sapienza, di amore, di tutte le grazie spirituali che ci sono indispensabili alla vita e alla salvezza.


Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori

La domanda esprime la richiesta a Dio di perdonare i nostri peccati allo stesso modo come noi li perdoniamo agli altri. La nostra salvezza, pertanto, è vincolata al perdono che usiamo verso gli altri.Dio avrà misericordia di noi soltanto se noi l'avremo verso il prossimo: “Se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe” (Mt 6,15).
I nostri peccati sono considerati come debiti e i debiti vanno pagati, i nostri peccati devono essere riparati: con atti di carità, col perdono verso chi ci ha offeso, con l'elemosina, col soccorso ai deboli e ai sofferenti, con l'accettazione della sofferenza.
In questo modo  Gesù ci insegna a riparare al male facendo il bene.
La risposta istintiva all’offesa è la vendetta, che è un atto che alimenta l'odio, la divisione e la violenza.Il perdono, invece, è un’opera di pace, un atto che ci libera dall’odio. Perdonando diventiamo operatori di pace e di riconciliazione.

Perdonare, tuttavia, non è la semplice rinuncia alla vendetta, il chiudersi in se stessi, evitare ogni rapporto con chi ci ha fatto del male, ma è offrire amore in risposta all’offesa, dare all’altro la possibilità di ristabilire un’amicizia interrotta.
“Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene“ (Rm 12,21), dice San Paolo.

Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.

La presenza delle tentazioni nella nostra vita è permessa da Dio per metterci alla prova, per conoscere le nostre intenzioni, se lo amiamo o no.
Non chiediamo che egli ci liberi dalle tentazioni, ma che ci aiuti a non cadere in esse.
 Gesù ci vuole mettere in guardia contro il diavolo che approfitta della nostra debolezza, del nostro orgoglio, della nostra concupiscenza per tenderci insidie e farci cadere nel peccato. Noi siamo chiamati a lottare contro le tentazioni con le armi della vigilanza,  della fede, della preghiera, della carità, della parola di Dio, della pazienza.
San Giovanni afferma che "tutto il mondo giace sotto il potere del maligno"  (1G 5,19), per cui siamo nel costante pericolo di perdere la grazia di Dio.
Gesù ci consiglia vivamente l'arma della preghiera: “Pregate per non cadere in tentazione”.  E ci suggerisce anche le parole da usare: ”liberaci dal male”.