Il recupero
della spiritualità, come orizzonte invisibile delle realtà create.
Carissimi,
il mio
intervento, che mi accingo ad esporre, più che una trattazione accademica vuole
molto semplicemente ,proporsi come, rivisitazione della realtà angelica nella
vita di Gesù.
Seguirò
questo percorso attraverso due momenti.
1- I vangeli ,cosa dicono
2- La liturgia, come colloca gli angeli
1.I vangeli.
Matteo 13,39.41.49: «i mietitori sono
gli angeli»
Il campo è
il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania
sono i
figli del Maligno
e il
nemico che l’ha
seminata è il
diavolo. La
mietitura è
la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli.
41
Il
Figlio dell’uomo manderà
i suoi angeli, i quali
raccoglieranno dal suo
regno tutti
gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità
splenderanno
come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!
Il linguaggio
è apocalittico e così anche
la spiegazione di
questa parabola;
il riferimento
però è alla
fine del mondo,
al
Figlio dell'uomo che manda gli angeli
che separano. Proprio il versetto finale, che parla dei
giusti che
splendono come il
sole nel regno,
è una ripresa
di Daniele, tipico
linguaggio apocalittico.
Ancora una volta gli angeli sono
evocati come ministri escatologici del giudizio finale,
pertanto non ci stupiamo di trovare ancora il
riferimento agli angeli nel capitolo 25 dove
l’evangelista Matteo
ha posto alla
fine del discorso
escatologico la scena
del giudizio
universale.
Matteo 25,31.41: «il diavolo e i suoi
angeli»
25,
31
Quando il
Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con
lui, siederà
sul trono della sua gloria.
32
Davanti a
lui verranno radunati tutti i
popoli.
Ancora una
volta, quindi, troviamo il riferimento alla venuta finale, gloriosa, del Figlio
dell'uomo
con l’accompagnamento degli angeli. Nel corso di questa immagine c’è ancora
un
riferimento agli angeli, ma questa volta negativo. Al v. 41 infatti troviamo la
condanna:
25,
41
―Via,
lontano da me,
maledetti, nel fuoco
eterno, preparato per il
diavolo e per i suoi angeli …
Ecco
evidente il collegamento
degli angeli anche
con il mondo
negativo diabolico.
Quindi la parola ―angelo‖ di per sé è
neutra, dipende dal riferimento: angelo di chi? Angelo
lc 15,10.Qui leggiamo che cè una
gioia
Così, io vi dico, vi è gioia davanti
agli angeli di Dio per un solo peccatore
che si converte».
Questo lòghion
di Gesù che
commenta la parabola
ci aggiunge quindi
un piccolo
particolare che non avevamo ancora
trovato. Gli angeli partecipano delle situazioni umane
e
reagiscono con sentimenti:
sono contenti, gioiscono.
Quando un uomo
peccatore si
converte gli
angeli, alla presenza
di Dio, sono
contenti. Gli angeli
di Dio sono
contenti
perché una persona umana si è
ravveduta e ritorna al Signore.
come
collaboratori. Si parla di loro in un contesto dove l’argomento principale è un
altro.
Matteo 4,5: «Ai suoi angeli darà
ordini»
Ritorniamo al
vangelo secondo Matteo.
All’inizio del capitolo
4 viene presentato
l’episodio
delle tentazioni. Abbiamo già detto che, come Marco, anche Matteo parla degli
angeli che
servono Gesù. In
questo testo abbiamo
però in più
una citazione dell’Antico
Testamento messa
in bocca addirittura
al diavolo; abbiamo un
parallelo praticamente
identico in
Luca 4,10. Matteo
e Luca hanno
entrambi il racconto
didascalico delle
tentazioni in
cui viene presentato
il satàn, l’ostacolatore del
piano di Dio
che tenta di
bloccare il metodo messianico
adoperato da Gesù e gli propone delle alternative.
Mt 4,
5
Allora il diavolo lo portò nella
città santa, lo pose sul punto più alto
del tempio
6
e gli disse: «Se tu sei Figlio di
Dio, gettati giù; sta scritto infatti:
Ai suoi angeli darà ordini a tuo
riguardo
ed essi ti porteranno sulle loro mani
perché il tuo piede non inciampi in
una pietra». la figura
dell’angelo come
mediazione pedagogica, educativa,
altrimenti si aggiunge
il particolare
magico.
Marco 13 nel
discorso apocalittico: ―Il Figlio dell'uomo verrà con i suoi angeli” e la data
Matteo 26,53: «più di dodici legioni
di angeli»
Invece, un
elemento originale e interessante, lo troviamo al capitolo 26, altro lòghion
di
Gesù nel
contesto dell’arresto nel
Getsemani. Quando uno
di quelli che
erano con Gesù
impugna la
spada, la estrae
e colpisce il
servo del sommo
sacerdote staccandogli
l’orecchio,
Gesù lo rimprovera:
Mt 26,
52
Allora Gesù
gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti
quelli che
prendono la spada, di spada moriranno.
53
O credi che io non possa
pregare il Padre mio, che metterebbe
subito a mia disposizione più di dodici
legioni di angeli?
Gesù potrebbe avere a disposizione
dodici legioni di angeli, non dodici uomini. Notate
l’immagine esagerata:
ai dodici apostoli
vengono contrapposte dodici
legioni di angeli,
cioè dodici eserciti
Quindi il lòghion delle dodici
legioni di
angeli è molto importante per completare il quadro della visione di Gesù sulla
figura
angelica. L’evangelista Luca ci aiuta a comprendere questo quadro.
Luca 22,43:
«apparve un angelo dal cielo per confortarlo»
Se passiamo
al vangelo secondo Luca, nello stesso contesto del Getsemani troviamo la
presenza di
un angelo, ma in questo caso è il narratore che lo inserisce.
Come abbiamo
potuto osservare, durante
la vita terrena
di Gesù i
narratori evangelici
non hanno
presentato figure di angeli; tutti i versetti che abbiamo considerato sono
sempre
parte di
detti, logia, in cui si
parla di loro.
L’unica presenza è
questa, testimoniata
dall’evangelista Luca.
Durante la preghiera
angosciata di Gesù
nel Getsemani il
terzo
evangelista
dice:
Lc 22,
43
Gli apparve
allora un angelo dal cielo per confortarlo.
44
Entrato
nella
lotta,
In greco si
dice ―agonia‖,
pregava più
intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che
cadono a
terra.
L’evangelista
non dice che Gesù sudò sangue, ma le gocce di sudore sembravano gocce
di sangue. A
noi interessa quella piccola nota, tipicamente lucana; sembra un’aggiunta in
proprio del
terzo evangelista che ha voluto
sottolineare come Gesù
non fosse solo e
abbandonato.
Gli apparve un angelo dal cielo – il cielo non è semplicemente luogo fisico,
ma è un modo
per evocare Dio – con il compito di
confortarlo. Gesù in quel momento non
è solo, c’è una presenza di Dio mediata dall’angelo
che lo conforta, gli dà coraggio. È una
figura amica, è un consolatore spirituale, presente, che dà
forza nel momento della lotta, fa
sentire la presenza di Dio dalla sua
parte.
Mt 1,
20
Mentre
Giuseppe stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in
sogno un
angelo del Signore e gli disse:
L’angelo del
Signore è parola, voce che comunica un messaggio.
Mt 1,
24
Quando si
destò dal sonno, Giuseppe
fece come gli
aveva ordinato
l’angelo del
Signore
Di nuovo si
ripete la formula nel successivo capitolo; appena i magi sono partiti…
Mt 2,
13
un angelo
del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse:
8
Di
nuovo l’angelo è
solo parola, addirittura
parola sognata, nessuna
descrizione.
Nel vangelo
secondo Luca, nei primi due capitoli, la
parola angelo è molto frequente
perché viene
raccontato prima l’intervento
di Gabriele nel
tempio di Gerusalemme
nei
confronti
del vecchio Zaccaria e poi l’intervento di Gabriele a Nazaret alla Vergine Maria.
Se però
passiamo in rassegna queste citazioni ci accorgiamo che gli episodi non
descrivono
gli angeli.
L’elemento importante che dobbiamo notare è che Luca e solo Luca, riporta il
nome
dell’angelo. Matteo segue piuttosto lo schema generico ―l’angelo del Signore‖
o, con
articolo
indeterminativo, ―un angelo del Signore‖.
Luca invece,
intenzionalmente, adopera il nome proprio ―Gabriele‖, perché gli interessa
richiamare quella
tematica apocalittica del
grande eroe di
Dio, rivelatore dei
misteri
all’uomo
eletto. Non dimentichiamo infatti che Gabriele era colui che spiegava a Daniele
la profezia
delle settanta settimane.
Dal momento
in cui Gabriele appare nel tempio e inizia il racconto di Luca, al momento
in cui
Gabriele compare a Nazaret alla Vergine
Maria, passano sei mesi, poi passano nove
mesi per la
nascita di Gesù; 6 + 9 = 15 mesi che, per trenta giorni, fanno 450 giorni, ma
dalla
nascita alla presentazione del tempio passano altri 40 giorni. Assommandoli ai
450
danno 490
giorni e sono…
settanta settimane! Dalla
apparizione di Gabriele
nel tempio
all’ingresso
di Gesù nel tempio passano settanta settimane. Non è un artificio moderno, ma
un’indicazione voluta
dall’evangelista che offre
notizie precise. Quando
dice: nel sesto
mese fu
mandato Gabriele, se
invece del sesto
fosse il quinto
cambierebbe qualcosa?
Certamente no,
ma è una
indicazione per dare
una distanza di
sei mesi dalla
nascita
dell’uno e
dell’altro e, mettendo insieme il tutto, si riconosce quel gioco simbolico
delle
settanta
settimane di cui Gabriele è interprete. L’ingresso del Signore nel tempio
realizza
quindi quell’annuncio, ma
richiama anche il
tema del consacrato
che verrà soppresso,
come era
detto nel testo profetico di Daniele (cf. Dn 9,21.25).
Ci sono
quindi dei riferimenti molto più ricchi
di quel che sembra. Gabriele non viene
descritto,
compare alla destra dell’altare dell’incenso e nella trama, sia della
apparizione a
Zaccaria,
sia della apparizione a Maria, l’angelo è solo voce.
―L’angelo
disse… l’angelo disse… l’angelo disse… entrò da lei… uscì da lei‖. L’angelo
è parola, è
portatore di un messaggio e questi due racconti sono fatti sul modello antico.
Lc 2,annunciazione.
Un angelo
del
Signore si
presentò a loro
La formula
è tipicamente biblica:
un angelo del
Signore è mediatore
della rivelazione
divina. Si
presentò a quei pastori che vegliavano, cioè erano svegli…
e la gloria
del Signore li avvolse di luce.
Quando nel
capitolo 12 degli Atti degli Apostoli Luca racconta la liberazione prodigiosa
di Pietro
dal carcere, si annota che la cella si riempie di luce per la presenza
dell’angelo del
Signore. C’è
un parallelo importante tra i due
episodi, perché la luce nella notte è simbolo
pasquale.
Nella notte di Betlemme l’apparizione dell’angelo che avvolge di luce quelli
che
vegliano è
un richiamo all’evento pasquale e gli angeli a Natale sono prefigurazione degli
angeli al
sepolcro vuoto che annunciano cioè la Pasqua di risurrezione.
Essi furono
presi da grande timore,
L’apparizione angelica
determina una paura,
perché è l’esperienza
del numinoso. Il
numen, il
prodigio trascendente.
10
ma l’angelo
disse loro:
Anche questo
è un elemento tipico delle apparizioni: colui che si mostra tranquillizza la
persona, la
invita a non avere paura.
«Non temete:
ecco, vi annuncio una grande gioia,
―Vi annunzio‖.
L’angelo fa una
annunciazione come nell’episodio
di Maria, una grande gioia
dovremmo
infatti riflettere sul contenuto del messaggio portato dall’angelo e
sulle
risposte di Maria, ma quell’episodio non ci insegna qualcosa sugli angeli.
Questo è
C. Doglio –
Gli angeli nella Bibbia
10
più discorsivo
e ci permette
meglio di cogliere
la visione che
l’evangelista ha di
questi
ministri
celesti, annunciatori di una grande gioia. L’evangelista, è un ―eu-ánghelos‖, è
un
angelo buono
che annuncia un vangelo, una buona notizia, una grande gioia. La annuncia a
voi, ma
questa è una grande gioia…
che sarà
di tutto il
popolo:
11
oggi, nella
città di Davide,
è nato per
voi un
Salvatore,
che è Cristo Signore.
L’angelo
spiega già tutta la cristologia, rivela in anticipo chi è quel bambino utilizzando
i titoli più
alti che la tradizione ha attribuito a Gesù: Salvatore, Cristo, Signore.
— Salvatore
è il compito di colui che libera, salva, realizza;
— Cristo è
l’erede al trono, figlio di Davide, che deve diventare re;
— Signore è
titolo divino, Dio in persona.
L’angelo è
colui che anticipa quello che molti anni dopo diranno gli apostoli predicando
il Cristo
risorto. Questa è una scena di anticipazione, gli esperti di narratologia la
chiamano
―prolessi‖, cioè
si dice una
cosa prima, prima
che accada, perché
il lettore sia
aiutato, mentre legge
il racconto, a capire qualche cosa che però si capirà dopo.
12
Questo per
voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in
una
mangiatoia».
Il segno
che l’angelo offre
è un bambino
in fasce in
una mangiatoia, cioè
elementi
semplici e
poveri: la quotidianità
umana. Ai tre
titoli di gloria
divina sono aggiunti
tre
elementi
banali, comuni. Qual è il segno per riconoscere il Salvatore, il Cristo, il
Signore?
Se uno si
immagina un segno per riconoscere qualcosa di così grande, immagina di tutto,
meno che un
bambino, avvolto in fasce e in una mangiatoia, che di per sé può essere anche
semplicemente
una culla.
L’elemento importante
della mangiatoia sta
nel fatto che
si alluda al
mangiare. Nella
mangiatoia il
bambino viene messo
perché ha una
forma da culla,
perché ci sta
senza
cadere, è
una soluzione da
poveri, ma quello
che è importante
è quello che
nella
mangiatoia
ci si mette: il cibo per gli animali; nella mangiatoia si mette ciò che deve
essere
mangiato.
Anche questa è una prolessi, incomprensibile, ma viene anticipata perché con il
tempo si
possa capire il senso di tutta quella storia che verrà raccontata.
Dopo che l’angelo
del Signore ha rivolto il vangelo, ha riassunto il vangelo ai pastori…
13
Subito apparve
con l’angelo una
moltitudine dell’esercito celeste,
che
lodava Dio e
diceva:
Luca riprende
il linguaggio antico
dell’esercito celeste, non
esercito in senso
militare,
ma è lo
schieramento, il coro, è il grande ordine dei cieli, una moltitudine. Come
Daniele
parlava di
migliaia di migliaia,
miriadi di miriadi,
così qui abbiamo
una moltitudine
immensa del
coro che è sceso giù, intorno all’annunciatore del vangelo e diceva:
14
«Gloria a
Dio nel più alto dei cieli
e sulla
terra pace agli uomini, che egli ama [letteralmente: della eudokía]».
La parola
eudokia vuol dire
benevolenza; gli uomini
della benevolenza non
sono gli
uomini di
buona volontà, ma sono gli uomini a cui Dio vuole bene e la benevolenza è cosa
diversa dalla
buona volontà, almeno
nel nostro linguaggio
attuale. Gli uomini
della
benevolenza sono
oggetto della benevolenza
divina, per cui
la traduzione ha
parafrasato
agli uomini
che egli ama.
―In cielo,
in terra‖: l’esercito celeste, che canta la gloria di Dio nell’alto dei cieli,
scende
ad
annunciare la pace agli uomini perché sono oggetto della benevolenza di Dio,
portatori
di questo
evento di grande salvezza che realizza la pace fra cielo e terra.
. Gli angeli servono
quindi per
offrire la voce
fuori campo che
spiega il senso
e i pastori
sono l’esempio di
reazione all’annuncio del vangelo.
I pastori
sono i pastori, non viene detto che sono poveri, non viene detto che sono fuori
legge.
Spesso si tirano fuori questi discorsi, ma sono aggiunte. I pastori sono
pastori. Sono
quelli che
nella chiesa saranno chiamati pastori.
Che cosa fanno i pastori? Non portano i
regali, vanno a vedere.
«Andiamo dunque
fino a Betlemme,
vediamo questo avvenimento
che il
Signore ci
ha fatto conoscere».
Vanno a
vedere, si accorgono
che tutto corrisponde
a quello che
hanno sentito, poi
raccontano
ad altri quello che hanno visto e spiegano che le cose stanno proprio come era
stato detto
loro.
16
Andarono, senza
indugio, e trovarono
Maria e Giuseppe
e il bambino,
adagiato nella
mangiatoia.
17
E dopo
averlo visto, riferirono ciò
che del
bambino era
stato detto loro.
Gli
angeli ai pastori
hanno portato il
vangelo, i pastori
l’hanno verificato e
l’hanno
comunicato ad altri dicendo che le
cose stanno proprio come i primi
annunciatori avevano
detto. Questa è la storia della
tradizione, è l’annuncio del vangelo, viene proletticamente
presentato il compito apostolico dopo
la Pasqua.
Il racconto non è un idillio
natalizio, ma un quadro teologico dove gli angeli e i pastori
hanno una funzione di collaborazione:
gli angeli e gli uomini hanno Cristo al centro. Gli
angeli rivelano,
gli uomini accolgono
e a loro
volta diventano messaggeri,
testimoni,
annunciatori di questo evento che è
stato loro presentato.
Forse
questo episodio è, nel complesso
dei vangeli, quello
più significativo per la
teologia degli
angeli, perché ci
aiuta a comprendere
il loro ruolo
di collaborazione
dell’annuncio di salvezza.
Gli angeli presso il sepolcro vuoto
di Gesù
Un ultimo accenno meritano i racconti
della visita al sepolcro.
In Marco
non abbiamo trovato
la parola ánghelos
perché egli non
l’adopera, ma dice
neanískos,
un giovinetto, vestito di bianco.
Matteo (28,2.5)
e Luca (24,23)
parlano invece di
angeli o, meglio,
Luca nel racconto
della visita
dice ―due uomini‖;
è Cleopa che
nel racconto che
fa a Gesù
– in cammino
verso Emmaus
– dice che
le donne dicono
di avere avuto
una visione di
angeli i quali
affermano
che egli è vivo.
Al momento
della visita del sepolcro vuoto, al mattino di Pasqua, le donne incontrano
qualcuno:
due uomini, un giovinetto, ―un angelo del Signore‖ – dice
il solo Matteo
In sintesi: Gli angeli sono
mietitori, sono ministri, messaggeri, annunciatori, partecipano alla gioia
degli uomini, sono parola, anticipatori del piano di salvezza, primi
collaboratori dell’annuncio delle grandi opere di Dio. Ma la cosa più
importante che portano il Vangelo.
Ma nello stesso tempo troviamo angeli
che si caratterizzano come separatori, accusatori ,ribelli, tentatori, questi
si contrappongono al piano salvifico e cercano di destabilizzare, contrapporre
il male al bene. Questi angeli che definiamo come demoniaci, hanno un potere
enorme sulla vita delle persone, soprattutto quando, ci si lascia tentare da
quella materialità di benessere e si comincia a strutturare la nostra vita,
solo dentro una circolarità temporale. Gli angeli del Signore sono educatori di
umanità ,ci insegnano una pedagogia volta a guardare dentro di noi e in alto
verso Dio .Gli angeli del male ci inducono solo alla materia e ci trasportano
lontani dalla spiritualità, secondo il cuore di Gesù ,che è il Cristo della
fede..
LA LITURGIA
Anche nella
liturgia cristiana, il riferimento agli angeli, è ricorrente ed esplicito.
a. Nei prefazi ,sia della chiesa latina
che quella orientale, troviamo che la preghiera si unisce agli angeli e ai
santi, per introdurre il sanctus.
Questo elemento non è da considerarsi marginale, proprio perché soggiace,
a questo elemento ,una teologia biblica ed una consapevolezza che tra noi che
celebriamo la fractio panis del Risorto e la realtà invisibile di Dio cè piena
comunione. Anzi senza la comunione degli angeli e dei santi, la nostra liturgia
rimane solo azione rituale, sterile e infeconda. La teologia orientale non ama
molto la sistematizzazione concettuale del discorso teologico, in essa rimane
intatta e sublime la realtà angelica,
come una perenne dossologia. Nella liturgia latina, si è molto affievolita
questa connotazione liturgica, se non per la festa degli angeli che si celebra
il 2 di ottobre.
Nella preghiera eucaristica
1ma,conosciuta come canone apostolico ,dopo l’epiclesi ,troviamo queste parole:
ti supplichiamo Dio onnipotente ,fa che questa offerta ,per le mani del
tuo angelo santo, sia portata sull’altare del cielo, davanti alla tua maestà
divina, perché su tutti noi che partecipiamo di questo altare, comunicando al
santo mistero del corpo e sangue del tuo figlio ,scenda la pienezza di ogni
grazie e benedizione del cielo.
Anche nella confessione
pubblica che precede la liturgia della Parola, nel confiteor troviamo:
Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli
che ho molto peccato
in pensieri,
parole,
opere
e omissioni
per mia colpa,
mia colpa,
mia grandissima colpa
e supplico la beata sempre vergine Maria,
gli angeli, i santi e voi fratelli
di pregare per me il Signore Dio nostro.
Recuperare una teologia angelica
,nella prassi pastorale non è una questione marginale ,ne voler ridurre a
spiritualismo becero, la storia della
Salvezza.
Come abbiamo
avuto modo di vedere ,seppur in modo sintetico, sia nei vangeli che nella
stessa liturgia, la realtà invisibile è spesso più visibile del nostro vedere e
molto più efficace del nostro agire.
Devo anche
segnalare che, dal concilio vaticano II, in poi, la sempre più crescente
tendenza ad avere più teologi specializzati anche nella formazione al ministero
ordinato, ha contribuito ad privilegiare come per le scienze empiriche, una
sempre più attenzione all’elemento storico redazionale ,in merito alla storia
biblica e dall’altra a una sempre più filologia di critica testuale, in
riferimento alla Parola.
Questo non è
un male ,ma può divenire un limite.
Limite nel
senso che la scrittura può essere studiata e approfondita anche senza avere
fede, semplicemente come materiale storico, archeologico, linguistico.
Per il
credente non dovrebbe essere così. Il Gesù della storia è divenuto il Cristo
della fede. Senza questa relazione profondamente esistenziale ed ontologica, si
rischia di divenire maestri ma non testimoni, ministri ma non pastori,
sociologi ma non profeti.
Dobbiamo
tutti prendere coscienza che, svuotando progressivamente, la terra dal cielo,
la vita corporea da quella interiore, il tempo come cronos senza kairos. Ci avvieremo
man mano ,e in parte lo siamo già, a non comprendere nulla del messaggio angelico, in riferimento
alla loro presenza, che ancora oggi continua per le strade del mondo, e nel
silenzio della storia, creano ponti tra il creatore , il creato e le creature.
Oggi non si
parla più ne di Angeli ne di demoni.
Sembra che tutta l’azione pastorale della chiesa debba seguire un iter efficentista ,mentre ci si occupa e preoccupa di tante cose, si lasciano
fuori dal proprio orizzonte, l’ascolto , delle pecore ,la preghiera personale
,come intimità con il Maestro. La guida spirituale come confessio laudis prima confessio fidei .Recuperare tutto
questo è fare nostro il messaggio di Gesù, il mio regno non è di questo mondo.
Ma posso
annunciare un regno che non è di questo mondo, se di questo mondo io ho tutto
voglio tutto e vivo come tutti?
La dove ’è il
tuo cuore è anche il tuo tesoro.
+Padre Mario
Metodio
Vescovo ausiliare
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