martedì 21 aprile 2015

LA DIMENSIONE ANGELICA NELLA PRASSI PASTORALE



Il recupero della spiritualità, come orizzonte invisibile delle realtà create.

Carissimi,
il mio intervento, che mi accingo ad esporre, più che una trattazione accademica vuole molto semplicemente ,proporsi come, rivisitazione della realtà angelica nella vita di Gesù.
Seguirò questo percorso attraverso due momenti.
1-    I vangeli ,cosa dicono
2-    La liturgia, come colloca gli angeli
1.I vangeli.
Matteo 13,39.41.49: «i mietitori sono gli angeli»
Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania
sono  i  figli  del  Maligno
e  il  nemico  che  l’ha  seminata  è  il  diavolo.  La
mietitura è la fine del mondo e  i mietitori sono gli angeli.
41
Il  Figlio  dell’uomo  manderà  i  suoi  angeli,  i  quali  raccoglieranno  dal  suo
regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità
splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!
Il  linguaggio  è  apocalittico  e  così  anche  la  spiegazione  di  questa  parabola; 
il  riferimento  però  è  alla  fine  del  mondo,  al
Figlio dell'uomo che manda gli angeli che separano. Proprio il versetto finale, che parla dei
giusti  che  splendono  come  il  sole  nel  regno,  è  una  ripresa  di  Daniele,  tipico  linguaggio apocalittico.
Ancora una volta gli angeli sono evocati come ministri escatologici del giudizio finale,
pertanto non ci stupiamo di trovare ancora il riferimento agli angeli nel capitolo 25 dove
l’evangelista  Matteo  ha  posto  alla  fine  del  discorso  escatologico  la  scena  del  giudizio
universale.
Matteo 25,31.41: «il diavolo e i suoi angeli»
25,
31
Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli  con
lui, siederà sul trono della sua gloria.
32
Davanti a lui verranno radunati tutti i
popoli.
Ancora una volta, quindi, troviamo il riferimento alla venuta finale, gloriosa, del Figlio
dell'uomo con l’accompagnamento degli angeli. Nel corso di questa immagine c’è ancora
un riferimento agli angeli, ma questa volta negativo. Al v. 41 infatti troviamo la condanna:
25,
41
―Via,  lontano  da  me,  maledetti,  nel  fuoco  eterno,  preparato  per  il
diavolo e per i suoi angeli …
Ecco  evidente  il  collegamento  degli  angeli  anche  con  il  mondo  negativo  diabolico.
Quindi la parola ―angelo‖ di per sé è neutra, dipende dal riferimento: angelo di chi? Angelo
lc 15,10.Qui leggiamo che cè una gioia
Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore
che si converte».
Questo  lòghion  di  Gesù  che  commenta  la  parabola  ci  aggiunge  quindi  un  piccolo
particolare che non avevamo ancora trovato. Gli angeli partecipano delle situazioni umane
e  reagiscono  con  sentimenti:  sono  contenti,  gioiscono.  Quando  un  uomo  peccatore  si
converte  gli  angeli,  alla  presenza  di  Dio,  sono  contenti.  Gli  angeli  di  Dio  sono  contenti
perché una persona umana si è ravveduta e ritorna al Signore.
come collaboratori. Si parla di loro in un contesto dove l’argomento principale è un altro.

Matteo 4,5: «Ai suoi angeli darà ordini»
Ritorniamo  al  vangelo  secondo  Matteo.  All’inizio  del  capitolo  4  viene  presentato
l’episodio delle tentazioni. Abbiamo già detto che, come Marco, anche Matteo parla degli
angeli  che  servono  Gesù.  In  questo  testo  abbiamo  però  in  più  una  citazione  dell’Antico
Testamento  messa  in  bocca  addirittura  al  diavolo;  abbiamo  un  parallelo  praticamente
identico  in  Luca  4,10.  Matteo  e  Luca  hanno  entrambi  il  racconto  didascalico  delle
tentazioni  in  cui  viene  presentato  il  satàn,  l’ostacolatore  del  piano  di  Dio  che  tenta  di
bloccare il metodo messianico adoperato da Gesù e gli propone delle alternative.
Mt 4,
5
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto
del tempio
6
e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; sta scritto infatti:
Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo
ed essi ti porteranno sulle loro mani
perché il tuo piede non inciampi in una pietra». la figura
dell’angelo  come  mediazione  pedagogica,  educativa,  altrimenti  si  aggiunge  il  particolare
magico.
Marco 13 nel discorso apocalittico: ―Il Figlio dell'uomo verrà  con i suoi angeli”  e la data
Matteo 26,53: «più di dodici legioni di angeli»
Invece, un elemento originale e interessante, lo troviamo al capitolo 26, altro  lòghion  di
Gesù  nel  contesto  dell’arresto  nel  Getsemani.  Quando  uno  di  quelli  che  erano  con  Gesù
impugna  la  spada,  la  estrae  e  colpisce  il  servo  del  sommo  sacerdote  staccandogli
l’orecchio, Gesù lo rimprovera:
Mt 26,
52
Allora Gesù gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti
quelli che prendono la spada, di spada moriranno.
53
O credi che io non possa
pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione  più di dodici
legioni di angeli?
Gesù potrebbe avere a disposizione dodici legioni di angeli, non dodici uomini. Notate
l’immagine  esagerata:  ai  dodici  apostoli  vengono  contrapposte  dodici  legioni  di  angeli,
cioè dodici eserciti
 Quindi il lòghion delle dodici
legioni di angeli è molto importante per completare il quadro della visione di Gesù sulla
figura angelica. L’evangelista Luca ci aiuta a comprendere questo quadro.
Luca 22,43: «apparve un angelo dal cielo per confortarlo»
Se passiamo al vangelo secondo Luca, nello stesso contesto del Getsemani troviamo la
presenza di un angelo, ma in questo caso è il narratore che lo inserisce.
Come  abbiamo  potuto  osservare,  durante  la  vita  terrena  di  Gesù  i  narratori  evangelici
non hanno presentato figure di angeli; tutti i versetti che abbiamo considerato sono sempre
parte  di  detti,  logia,  in  cui  si  parla  di  loro.  L’unica  presenza  è  questa,  testimoniata
dall’evangelista  Luca.  Durante  la  preghiera  angosciata  di  Gesù  nel  Getsemani  il  terzo
evangelista dice:
Lc 22,
43
Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo.
44
Entrato nella
lotta,
In greco si dice ―agonia‖,
pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che
cadono a terra.
L’evangelista non dice che Gesù sudò sangue, ma le gocce di sudore sembravano gocce
di sangue. A noi interessa quella piccola nota, tipicamente lucana; sembra un’aggiunta in
proprio  del  terzo  evangelista  che  ha  voluto  sottolineare  come  Gesù  non  fosse  solo  e
abbandonato. Gli apparve un angelo dal cielo  –  il cielo non è semplicemente luogo fisico,
ma è un modo per evocare Dio –  con il compito di confortarlo. Gesù in quel momento non
è solo, c’è una presenza di Dio mediata dall’angelo che lo conforta, gli dà coraggio. È una
figura amica,  è un consolatore spirituale, presente, che dà forza nel momento della lotta, fa
sentire la presenza di Dio dalla sua parte.
Mt 1,
20
Mentre Giuseppe stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in
sogno un angelo del Signore e gli disse:
L’angelo del Signore è parola, voce che comunica un messaggio.
Mt  1,
24
Quando  si  destò dal  sonno,  Giuseppe  fece  come  gli  aveva  ordinato
l’angelo del Signore
Di nuovo si ripete la formula nel successivo capitolo; appena i magi sono partiti…
Mt 2,
13
un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: 
8
Di  nuovo  l’angelo  è  solo  parola,  addirittura  parola  sognata,  nessuna  descrizione.
Nel vangelo secondo  Luca, nei primi due capitoli, la parola  angelo  è molto frequente
perché  viene  raccontato  prima  l’intervento  di  Gabriele  nel  tempio  di  Gerusalemme  nei
confronti del vecchio Zaccaria e poi l’intervento di Gabriele  a Nazaret alla Vergine Maria.
Se però passiamo in rassegna queste citazioni ci accorgiamo che gli episodi non descrivono
gli angeli. L’elemento importante che dobbiamo notare è che Luca e solo Luca, riporta il
nome dell’angelo. Matteo segue piuttosto lo schema generico ―l’angelo del Signore‖ o, con
articolo indeterminativo, ―un angelo del Signore‖.
Luca invece, intenzionalmente, adopera il nome proprio ―Gabriele‖, perché gli interessa
richiamare  quella  tematica  apocalittica  del  grande  eroe  di  Dio,  rivelatore  dei  misteri
all’uomo eletto. Non dimentichiamo infatti che Gabriele era colui che spiegava a Daniele
la profezia delle settanta settimane.
Dal momento in cui Gabriele appare nel tempio e inizia il racconto di Luca, al momento
in cui Gabriele compare a  Nazaret alla Vergine Maria, passano sei mesi, poi passano nove
mesi per la nascita di Gesù; 6 + 9 = 15 mesi che, per trenta giorni, fanno 450 giorni, ma
dalla nascita alla presentazione del tempio passano altri 40 giorni. Assommandoli ai 450
danno  490  giorni  e  sono…  settanta  settimane!  Dalla  apparizione  di  Gabriele  nel  tempio
all’ingresso di Gesù nel tempio passano settanta settimane. Non è un artificio moderno, ma
un’indicazione  voluta  dall’evangelista  che  offre  notizie  precise.  Quando  dice:  nel  sesto
mese  fu  mandato  Gabriele,  se  invece  del  sesto  fosse  il  quinto  cambierebbe  qualcosa?
Certamente  no,  ma  è  una  indicazione  per  dare  una  distanza  di  sei  mesi  dalla  nascita
dell’uno e dell’altro e, mettendo insieme il tutto, si riconosce quel gioco simbolico delle
settanta settimane di cui Gabriele è interprete. L’ingresso del Signore nel tempio realizza
quindi  quell’annuncio,  ma  richiama  anche  il  tema  del  consacrato  che  verrà  soppresso,
come era detto nel testo profetico di Daniele (cf. Dn 9,21.25).
Ci sono quindi  dei riferimenti molto più ricchi di quel che sembra. Gabriele non viene
descritto, compare alla destra dell’altare dell’incenso e nella trama, sia della apparizione a
Zaccaria, sia della apparizione a Maria, l’angelo è solo voce.
―L’angelo disse… l’angelo disse… l’angelo disse… entrò da lei… uscì da lei‖. L’angelo
è parola, è portatore di un messaggio e questi due racconti sono fatti sul modello antico.
Lc 2,annunciazione.
Un  angelo  del
Signore si presentò a loro
La  formula  è  tipicamente  biblica:  un  angelo  del  Signore  è  mediatore  della  rivelazione
divina. Si presentò a quei pastori che vegliavano, cioè erano svegli…
e la gloria del Signore li avvolse di luce.
Quando nel capitolo 12 degli Atti degli Apostoli Luca racconta la liberazione prodigiosa
di Pietro dal carcere, si annota che la cella si riempie di luce per la presenza dell’angelo del
Signore. C’è un  parallelo importante tra i due episodi, perché la luce nella notte è simbolo
pasquale. Nella notte di Betlemme l’apparizione dell’angelo che avvolge di luce quelli che
vegliano è un richiamo all’evento pasquale e gli angeli a Natale sono prefigurazione degli
angeli al sepolcro vuoto che annunciano cioè la Pasqua di risurrezione.
Essi furono presi da grande timore,
L’apparizione  angelica  determina  una  paura,  perché  è  l’esperienza  del  numinoso.  Il
numen, il prodigio trascendente.
10
ma l’angelo disse loro:
Anche questo è un elemento tipico delle apparizioni: colui che si mostra tranquillizza la
persona, la invita a non avere paura.
«Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia,
―Vi  annunzio‖.  L’angelo  fa  una  annunciazione  come  nell’episodio  di  Maria,  una grande gioia
dovremmo infatti riflettere sul contenuto del messaggio portato dall’angelo e
sulle risposte di Maria, ma quell’episodio non ci insegna qualcosa sugli angeli. Questo è
C. Doglio – Gli angeli nella Bibbia
10
più  discorsivo  e  ci  permette  meglio  di  cogliere  la  visione  che  l’evangelista  ha  di  questi
ministri celesti, annunciatori di una grande gioia. L’evangelista, è un ―eu-ánghelos‖, è un
angelo buono che annuncia un vangelo, una buona notizia, una grande gioia. La annuncia a
voi, ma questa è una grande gioia…
che  sarà  di  tutto  il  popolo:
11
oggi,  nella  città  di  Davide,  è  nato  per  voi  un
Salvatore, che è Cristo Signore.
L’angelo spiega già tutta la cristologia, rivela in anticipo chi è quel bambino  utilizzando
i titoli più alti che la tradizione ha attribuito a Gesù: Salvatore, Cristo, Signore.
— Salvatore è il compito di colui che libera, salva, realizza;
— Cristo è l’erede al trono, figlio di Davide, che deve diventare re;
— Signore è titolo divino, Dio in persona.
L’angelo è colui che anticipa quello che molti anni dopo diranno gli apostoli predicando
il Cristo risorto. Questa è una scena di anticipazione, gli esperti di narratologia la chiamano

―prolessi‖,  cioè  si  dice  una  cosa  prima,  prima  che  accada,  perché  il  lettore  sia  aiutato, mentre legge il racconto, a capire qualche cosa che però si capirà dopo.
12
Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in
una mangiatoia».
Il  segno  che  l’angelo  offre  è  un  bambino  in  fasce  in  una  mangiatoia,  cioè  elementi
semplici  e  poveri:  la  quotidianità  umana.  Ai  tre  titoli  di  gloria  divina  sono  aggiunti  tre
elementi banali, comuni. Qual è il segno per riconoscere il Salvatore, il Cristo, il Signore?
Se uno si immagina un segno per riconoscere qualcosa di così grande, immagina di tutto,
meno che un bambino, avvolto in fasce e in una mangiatoia, che di per sé può essere anche
semplicemente una culla.
L’elemento  importante  della  mangiatoia  sta  nel  fatto  che  si  alluda  al  mangiare.  Nella
mangiatoia  il  bambino  viene  messo  perché  ha  una  forma  da  culla,  perché  ci  sta  senza
cadere,  è  una  soluzione  da  poveri,  ma  quello  che  è  importante  è  quello  che  nella
mangiatoia ci si mette: il cibo per gli animali; nella mangiatoia si mette ciò che deve essere
mangiato. Anche questa è una prolessi, incomprensibile, ma viene anticipata perché con il
tempo si possa capire il senso di tutta quella storia che verrà raccontata.
Dopo che l’angelo del Signore ha rivolto il vangelo, ha riassunto il vangelo ai pastori…
13
Subito  apparve  con  l’angelo  una  moltitudine  dell’esercito  celeste,  che
lodava Dio e diceva:
Luca  riprende  il  linguaggio  antico  dell’esercito  celeste,  non  esercito  in  senso  militare,
ma è lo schieramento, il coro, è il grande ordine dei cieli, una moltitudine. Come Daniele
parlava  di  migliaia  di  migliaia,  miriadi  di  miriadi,  così  qui  abbiamo  una  moltitudine
immensa del coro che è sceso giù, intorno all’annunciatore del vangelo e diceva:
14
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama [letteralmente: della eudokía]».
La  parola  eudokia  vuol  dire  benevolenza;  gli  uomini  della  benevolenza  non  sono  gli
uomini di buona volontà, ma sono gli uomini a cui Dio vuole bene e la benevolenza è cosa
diversa  dalla  buona  volontà,  almeno  nel  nostro  linguaggio  attuale.  Gli  uomini  della
benevolenza  sono  oggetto  della  benevolenza  divina,  per  cui  la  traduzione  ha  parafrasato
agli uomini che egli ama.
―In cielo, in terra‖: l’esercito celeste, che canta la gloria di Dio nell’alto dei cieli, scende
ad annunciare la pace agli uomini perché sono oggetto della benevolenza di Dio, portatori
di questo evento di grande salvezza che realizza la pace fra cielo e terra.
. Gli angeli servono
quindi  per  offrire  la  voce  fuori  campo  che  spiega  il  senso  e  i  pastori  sono  l’esempio  di
reazione all’annuncio del vangelo.
I pastori sono i pastori, non viene detto che sono poveri, non viene detto che sono fuori
legge. Spesso si tirano fuori questi discorsi, ma sono aggiunte. I pastori sono pastori. Sono
quelli che nella chiesa saranno chiamati pastori. Che cosa fanno i pastori? Non portano i
regali, vanno a vedere.
«Andiamo  dunque  fino  a  Betlemme,  vediamo  questo  avvenimento  che  il
Signore ci ha fatto conoscere».
Vanno  a  vedere,  si  accorgono  che  tutto  corrisponde  a  quello  che  hanno  sentito,  poi
raccontano ad altri quello che hanno visto e spiegano che le cose stanno proprio come era
stato detto loro.
16
Andarono,  senza  indugio,  e  trovarono  Maria  e  Giuseppe  e  il  bambino,
adagiato  nella  mangiatoia.
17
E  dopo  averlo  visto,  riferirono  ciò  che  del
bambino era stato detto loro.
Gli  angeli  ai  pastori  hanno  portato  il  vangelo,  i  pastori  l’hanno  verificato  e  l’hanno
comunicato ad altri dicendo che le cose stanno proprio come  i primi annunciatori avevano
detto. Questa è la storia della tradizione, è l’annuncio del vangelo, viene proletticamente
presentato il compito apostolico dopo la Pasqua.
Il racconto non è un idillio natalizio, ma un quadro teologico dove gli angeli e i pastori
hanno una funzione di collaborazione: gli angeli e gli uomini hanno Cristo al centro. Gli
angeli  rivelano,  gli  uomini  accolgono  e  a  loro  volta  diventano  messaggeri,  testimoni,
annunciatori di questo evento che è stato loro presentato.
Forse  questo  episodio  è,  nel  complesso  dei  vangeli,  quello  più  significativo  per  la
teologia  degli  angeli,  perché  ci  aiuta  a  comprendere  il  loro  ruolo  di  collaborazione
dell’annuncio di salvezza.
Gli angeli presso il sepolcro vuoto di Gesù
Un ultimo accenno meritano i racconti della visita al sepolcro.
In  Marco  non  abbiamo  trovato  la  parola  ánghelos  perché  egli  non  l’adopera,  ma  dice
neanískos, un giovinetto, vestito di bianco.
Matteo  (28,2.5)  e  Luca  (24,23)  parlano  invece  di  angeli  o,  meglio,  Luca  nel  racconto
della  visita  dice  ―due  uomini‖;  è  Cleopa  che  nel  racconto  che  fa  a  Gesù  –  in  cammino
verso  Emmaus  –  dice  che  le  donne  dicono  di  avere  avuto  una  visione  di  angeli  i  quali
affermano che egli è vivo.
Al momento della visita del sepolcro vuoto, al mattino di Pasqua,  le donne incontrano
qualcuno: due uomini, un giovinetto, ―un angelo del Signore‖  –  dice il solo Matteo
In sintesi: Gli angeli sono mietitori, sono ministri, messaggeri, annunciatori, partecipano alla gioia degli uomini, sono parola, anticipatori del piano di salvezza, primi collaboratori dell’annuncio delle grandi opere di Dio. Ma la cosa più importante che portano il Vangelo.
Ma nello stesso tempo troviamo angeli che si caratterizzano come separatori, accusatori ,ribelli, tentatori, questi si contrappongono al piano salvifico e cercano di destabilizzare, contrapporre il male al bene. Questi angeli che definiamo come demoniaci, hanno un potere enorme sulla vita delle persone, soprattutto quando, ci si lascia tentare da quella materialità di benessere e si comincia a strutturare la nostra vita, solo dentro una circolarità temporale. Gli angeli del Signore sono educatori di umanità ,ci insegnano una pedagogia volta a guardare dentro di noi e in alto verso Dio .Gli angeli del male ci inducono solo alla materia e ci trasportano lontani dalla spiritualità, secondo il cuore di Gesù ,che è il Cristo della fede..
LA LITURGIA
Anche nella liturgia cristiana, il riferimento agli angeli, è ricorrente ed esplicito.
a.     Nei prefazi ,sia della chiesa latina che quella orientale, troviamo che la preghiera si unisce agli angeli e ai santi, per introdurre il sanctus.
Questo elemento non è da considerarsi marginale, proprio perché soggiace, a questo elemento ,una teologia biblica ed una consapevolezza che tra noi che celebriamo la fractio panis del Risorto e la realtà invisibile di Dio cè piena comunione. Anzi senza la comunione degli angeli e dei santi, la nostra liturgia rimane solo azione rituale, sterile e infeconda. La teologia orientale non ama molto la sistematizzazione concettuale del discorso teologico, in essa rimane intatta e  sublime la realtà angelica, come una perenne dossologia. Nella liturgia latina, si è molto affievolita questa connotazione liturgica, se non per la festa degli angeli che si celebra il 2 di ottobre.
Nella preghiera eucaristica 1ma,conosciuta come canone apostolico ,dopo l’epiclesi ,troviamo  queste parole:
 ti supplichiamo Dio onnipotente ,fa che questa offerta ,per le mani del tuo angelo santo, sia portata sull’altare del cielo, davanti alla tua maestà divina, perché su tutti noi che partecipiamo di questo altare, comunicando al santo mistero del corpo e sangue del tuo figlio ,scenda la pienezza di ogni grazie e benedizione del cielo.

Anche nella confessione pubblica che precede la liturgia della Parola, nel confiteor troviamo: Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli
che ho molto peccato
in pensieri,
parole,
opere
e omissioni
per mia colpa,
mia colpa,
mia grandissima colpa
e supplico la beata sempre vergine Maria,
gli angeli, i santi e voi fratelli
di pregare per me il Signore Dio nostro.


Recuperare una teologia angelica ,nella prassi pastorale non è una questione marginale ,ne voler ridurre a spiritualismo becero, la  storia della Salvezza.
Come abbiamo avuto modo di vedere ,seppur in modo sintetico, sia nei vangeli che nella stessa liturgia, la realtà invisibile è spesso più visibile del nostro vedere e molto più efficace del nostro agire.
Devo anche segnalare che, dal concilio vaticano II, in poi, la sempre più crescente tendenza ad avere più teologi specializzati anche nella formazione al ministero ordinato, ha contribuito ad privilegiare come per le scienze empiriche, una sempre più attenzione all’elemento storico redazionale ,in merito alla storia biblica e dall’altra a una sempre più filologia di critica testuale, in riferimento alla Parola.

Questo non è un male ,ma può divenire un limite.
Limite nel senso che la scrittura può essere studiata e approfondita anche senza avere fede, semplicemente come materiale storico, archeologico, linguistico.
Per il credente non dovrebbe essere così. Il Gesù della storia è divenuto il Cristo della fede. Senza questa relazione profondamente esistenziale ed ontologica, si rischia di divenire maestri ma non testimoni, ministri ma non pastori, sociologi ma non profeti.
Dobbiamo tutti prendere coscienza che, svuotando progressivamente, la terra dal cielo, la vita corporea da quella interiore, il tempo come cronos senza kairos. Ci avvieremo man mano ,e in parte lo siamo già, a non comprendere  nulla del messaggio angelico, in riferimento alla loro presenza, che ancora oggi continua per le strade del mondo, e nel silenzio della storia, creano ponti tra il creatore , il creato e le creature.
Oggi non si parla più ne  di Angeli ne di demoni. Sembra che tutta l’azione pastorale della chiesa debba seguire un iter efficentista ,mentre ci si occupa e preoccupa di tante cose, si lasciano fuori dal proprio orizzonte, l’ascolto , delle pecore ,la preghiera personale ,come intimità con il Maestro. La guida spirituale come confessio laudis  prima confessio fidei .Recuperare tutto questo è fare nostro il messaggio di Gesù, il mio regno non è di questo mondo.
Ma posso annunciare un regno che non è di questo mondo, se di questo mondo io ho tutto voglio tutto e vivo come tutti?
La dove ’è il tuo cuore è anche il tuo tesoro.

+Padre Mario Metodio
   Vescovo ausiliare



Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.