martedì 27 dicembre 2011

Lunedì 26 dicembre: Divina Liturgia Vigiliare di San Giovanni, Apostolo ed Evangelista





I passaggi teologici principali dell'Omelia dell'Arcivescovo



Lunedì 26 dicembre alle ore 18,00 della sera, l'Arcivescovo Primate mons. Giovanni Climaco Mapelli Arcivescovo e Primate della nostra Chiesa ha presieduto con i Presbiteri diocesani una Divina Liturgia in canto dedicata a San GIOVANNI Apostolo di Cristo ed Evangelista, chiamato il Teologo e il Silenzio nell'Oriente cristiano, a motivo delle profondità teologiche e spirituali toccate nel suo Vangelo che si discosta dai racconti dei tre Sinottici ( Matteo, Marco, Luca ) e con sguardo penetrante dell'Aquila (animale che simboleggia la sua teologia) scruta il Mistero del Verbo, il Logo, che è dall'eternità presso il Padre e si è "fatto carne". L'Arcivescovo ha tratteggiato brevemente ma con precisa conoscenza la biografia del suo Santo onomastico ( che divide con San Giovanni Climaco, il Padre del deserto del Sinai, nel Monastero di Santa Caterina ) dagli esordi della chiamata di Gesù fino all'addio sulla spiaggia del Mare di Tiberiade, quando Pietro chiede al Maestro quale sarà la sorte del' "Discepolo che Egli amava". I passaggi salienti toccati dal Primate sono stati il Prologo, in cui è visibilmente presente la riflessione della filosofia greca, del neoplatonismo, benché intrecciata con la cultura ebraica, proveniente dai monaci esseni del Mar Morto, per passare al corpo centrale del Vangelo, con la moltiplicazione dei pani e dei pesci, simbolo della Eucaristia di vita, il pane del Cielo che dà la vita eterna, fino alla Risurrezione dell'amico Lazzaro, prefigurazione di una Risurrezione in cui la vita non muore più, e all'episodio della Samaritana in cui Gesù stesso è l'acqua viva che ogni credente beve dal seno stesso di Cristo, mentre il tempio della preghiera è quello degli adoratori di Dio in spirito e verità, e non per appartenenze canoniche da rivendicare, in una religione legalistica e chiusa, che si contende primati tra Samaria e Gerusalemme. L'episodio dell'Unzione a Betania, dove l'amore è più grande di qualunque peccato e la donna disprezzata dai Farisei diviene icona della grande misericordia del Padre e del Signore Gesù. Infine l'ingresso trionfale in Gerusalemme per la Pasqua che è narrato con una vivezza di immagini che sembra di esserci in mezzo, preludio a una tragedia incombente cui Cristo volutamente non vuole sottrarsi, perché la volontà del Padre viene prima di ogni cosa: il Padre, che il discorso della Cena ultima, mette al centro di tutta la sua missione salvifica, e come inizio di ogni ministero. Il Padre ha mandato Gesù, Gesù manda i suoi Discepoli: e il mandato viene anche rappresentato simbolicamente ma concretamente nella Lavanda dei piedi, come ultimo atto di amore fino alla fine, e come atto di servizio, vero comandamento alla Chiesa in ogni tempo, senza il quale tutto perde di senso e di significato. Il discorso della Cena che è una summa della teologia trinitaria, del Padre col Figlio e con il Consolatore: il testamento di addio ai suoi Discepoli, in cui l'amore che fu all'inizio sarà per sempre oltre la fine, perché i cuori non siano turbati e la fede sia radicata in questa certezza e speranza del suo ritorno, dove la gioia sarà grande e mai nessuno potrà sottrarla. "Il rimanete nel mio Amore, come Io rimango nel suo Amore (del Padre) ", è la circolarità dell'Amore divino che non si esaurisce mai, ma rimane in eterno.
Questi i punti principali toccati dall'omelia dell'Arcivescovo.
Al termine dei Vesperi di San Giovanni e della Santa Messa mons. Giovanni Climaco ha impartito la solenne benedizione, e augurato a tutti i presenti un Anno Nuovo 2012 ricco di occasioni di spiritualità e di carità viva nella Comunità dei fratelli e sorelle e verso chiunque, vicino o lontano, noi dovessimo incontrare sulla strada della nostra vita.


LA SEGRETERIA DIOCESANA ARCIVESCOVILE


p. s. Consigliamo due volumi per meditare sulla figura e l'opera di SAN GIOVANNI APOSTOLO ed EVANGELISTA : Commento al Vangelo di Giovanni, di Sant'Agostino (Edizioni Paoline 1976) e La Follia di Dio : il Cristo di Giovanni, di Alberto Maggi (Edizioni Cittadella 2010). Due testi lontani nel tempo, molto diversi sotto il profilo contenutistico eppure complementari per un approccio generale. Il primo seguendo l'antica tradizione del commento spirituale ricco di suggestioni ed intuizioni di grande profondità teologica che l'autore universalmente conosciuto assicura ci descrive come il Quarto Evangelo era recepito già nel IV secolo dalle Chiese che sorgevano sul Mediterraneo e influenzavano il nostro Occidente.
Il secondo per la ricerca esegetica incalzante e coerente, e per gli aspetti inediti che suscita nel delineare un Cristo giovanneo non scontato e non agiografico, ma fortemente in urto con l'istituzione religiosa farisaica, che in questi tempi di conformismo ecclesiale e di piattume teologico non può che essere foriero di quello Spirito che Giovanni ha indicato nel colloquio tra Gesù e Nicodemo di notte, e che a dispetto delle gabbie clericali "soffia proprio dove vuole e quando vuole!"

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