mercoledì 18 marzo 2015

L’agire politico dei cristiani Una risposta e una indicazione


In quel tempo, 15i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». 18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova?19Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». 21Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio»

Ecco l'ennesimo tranello teso a Gesù, uomo molto scomodo a quel tempo, che con pacatezza non le manda di certo a dire a sacerdoti, farisei e dottori della legge .infatti, il Vangelo ha visto il Figlio di Dio ammonire e mettere in guardia su questa categoria di persone: "Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l'amore di Dio..." "Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!".
Ecco allora che occorre cercare il modo di ritorcere contro Lui stesso i Suoi insegnamenti: È lecito o no pagare il tributo a Cesare '', chiedono i farisei per coglierlo in fallo. Se Gesù risponderà Si! scontenterà il popolo di Dio riconoscendo lo stato romano come supremazia. Sarà un traditore, andrà contro il Padre Suo. Se risponderà No! ecco allora il rivoluzionario che va contro il sistema e quindi arrestato, punito, ucciso.
Gesù sfugge al tranello portandola questione dal piano ideologico (la legittimità del pagamento del tributo) a quello pratico. Chiede che gli mostrino un denaro del tributo, la moneta corrente della zecca di Roma usata in tutto l'impero. Gesù domanda di chi siano, nello stampo facciale del denaro, il ritratto e il titolo che l'individua. ‘Di Cesare' gli rispondono. Gesù conclude: ‘Restituite dunque a Cesare quel ch'è di Cesare e a Dio quel ch'è di Dio'. La risposta sconcerta gli ascoltatori. In ogni caso dobbiamo chiederci cosa sia di Cesare e cosa di Dio. Nella risposta di Gesù è chiaro cosa appartiene a Cesare: solo quella moneta della zecca di Roma su cui è incisa l' 'immagine dell'imperatore. Questa pertanto andava restituita al proprietario. Il Vangelo non va oltre, in questo campo. Ma cosa è di Dio ' Il termine ‘immagine, usato da Gesù per la moneta, ha certamente richiamato la frase biblica posta proprio all'inizio della Scrittura: ‘Dio creò l'uomo a sua ‘immagine; a ‘immagine di Dio lo creò' (Gn 1,27). L'uomo, anche il più disgraziato o il più colpevole, è segnato radicalmente da una presenza divina. C'è quindi una ‘santità' che appartiene ad ogni uomo, non per suo merito ma per dono. Ogni uomo è icona di Dio, creato a sua immagine. Oggi come restituiamo a Dio la sua immagine? Riusciamo ad esserne specchio? Quello che troppo spesso oggi l'uomo rimanda, è un 'immagine deturpata, offesa, umiliata, frantumata, per colpe personali o per opera altrui. Ma deturpando noi stessi o gli altri, noi deturpiamo Dio stesso. Gesù vuole esortare coloro che lo ascoltano a restituire a Dio quello che a Lui appartiene: ossia ogni uomo e ogni donna.
Che cos'è di Dio? Di Dio è l'immagine nascosta nel profondo di ogni uomo ed anche dentro di me. Di Dio è il soffio stesso della vita, che riceviamo e che diamo a Lui ogni volta che vogliamo bene e che renderemo a Lui nell'ultimo giorno;  Dio è l'amore che rende bello il volto di ognuno e che continua la forza creatrice; di Dio è l'amicizia che unisce gli uomini tra loro, la carità che lui affida perché sconfigga il male.

 Gesù ci invita a vivere radicalmente la nostra esperienza di credenti inseriti nel contesto sociale odierno. Per questo il Concilio esorta i cristiani laici ad essere presenti nelle varie istituzioni. Il cristiano non vive ancorato in una sagrestia, ma vive in mezzo al mondo per portare il suo contributo da credente a partire dalla sua città. Oggi più che mai sentiamo l'esigenza non tanto di avere un unico partito di cattolici com'era in passato, quanto di ritrovare la linfa dei cattolici inserita nel contesto sociale e politico. Ma sentiamo anche l'esigenza della trasparenza dei credenti di fronte al mondo politico. Nessuna sudditanza, come anche un grande rispetto per coloro che ci governano, nella speranza che governino in modo saggio.
 La comunità cristiana si distingue dalla comunità civile perché cerca di mettere il Cristo al centro, cioè rende a Dio ciò che è di Dio. Molte volte noi confondiamo le due realtà.
Del resto, quando si parla di parrocchia si indicano tutti gli abitanti e non tanto coloro che in qualche modo frequentano l'ambiente ecclesiale. Ma ciò che diventa determinante e discriminante è proprio questo mettere al centro al figura di Gesù, la dimensione spirituale della Chiesa. Anche perché oggi cresce la presenza di chi si dichiara ateo o agnostico o appartiene ad altre confessioni. Poi è ovvio che la Chiesa collabora con le realtà locali, con le istituzioni, ma l'importante è ricordarsi il motivo della sua presenza.
Un grande compito che la Chiesa è chiamata a svolgere è proprio quello di formare dei laici in grado di sapere gestire da credenti la cosa pubblica. Senza però cadere nei rapporti troppo stretti tra la comunità cristiana e chi ci governa. Anche perché qualsiasi tentativo di operare per il bene comune e la crescita del territorio, mai arriverà a far vivere l'autentica esperienza cristiana che è sempre un di più. Il cristianesimo non potrà mai essere incanalato in terra in prospettive terrene, seppur lodevoli.
Chiediamo al Signore il dono di essere dei cristiani che vivono con gioia la propria vita di cittadini esemplari. La Chiesa, dal canto suo, prosegua nella logica della trasparenza, senza quegli interessi che sono contrari alla nostra esemplarità.



+Mario Metodio


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