Lc
12,46; Mt 24,51
Come è
noto, nel denunciare i vizi dai quali dobbiamo guardarci, Gesù insiste in modo
speciale sull’ipocrisia. Egli è particolarmente severo contro gli ipocriti e
porta molti esempi di ipocrisia, che dobbiamo evitare. Giunge fino al punto di
dire che l’ipocrisia conduce alla dannazione (Lc 12,46; Mt 24,51). Chiediamoci
perché Gesù dà tanta importanza all’ipocrisia. Prima ancora, però, vediamo in
cosa essa consiste. Dopodiché bisognerà vedere come riconoscerla, cosa non
facile, ed infine vedremo quali sono i rimedi.
L’ipocrisia
è quell’atteggiamento per il quale il soggetto, per ottenere approvazioni od
onori dagli onesti, assume all’esterno un modo di pensare o di agire
apparentemente onesto, ma internamente, “sotto sotto”, come si suol dire,
l’intenzione è cattiva, ingannevole e dannosa nei confronti di quegli stessi
onesti. Si tratta dunque di una forma di finzione o simulazione, che si propone
di ottenere un successo mondano acquistandosi una fama immeritata di virtù.
La
parola “ipocrisia” viene dal greco ypò-krisis, che comporta
un “giudicare-sotto”: krisis da krino che vuol dire “giudico”, un
giudizio nascosto nel cuore, che non corrisponde a quanto diciamo o facciamo
esternamente.
Siccome
l’ipocrita non crede veramente nei valori che finge di apprezzare, ma invece mette il proprio io davanti a Dio, non cela in ogni
occasione la sua disonestà, che può avere svariatissime forme, ma la manifesta
apertamente con coloro che condividono i suoi errori o i suoi misfatti e che
quindi possono apprezzarlo.
Si
riscontra questo atteggiamento per esempio nelle società segrete o
nell’esoterismo, dove il soggetto si presenta in modo esternamente onorevole e
normale verso il pubblico comune, mentre manifesta le sue intenzioni segrete o
con i colleghi o agli iniziati.
Così per
esempio l’ipocrita, che in cuor suo magari è massone, si mostra tale con i suoi
colleghi, ma, all’occasione favorevole, si mostra cattolico con i cattolici,
protestante con i protestanti, ateo con gli atei, idealista con gli idealisti,
e così via. E magari secondo lui questo sarebbe il modo di dialogare con tutti.
Il
vizio dell’ipocrisia è particolarmente odioso, viscido, grave e colpevole,
perché non è semplicemente un vizio passionale o istintuale, come può essere la
lussuria o l’intemperanza, causato più da fragilità che da malizia. L’ipocrita
non è impulsivo o maleducato come il passionale o la persona sgarbata, rozza o
violenta, che in fin dei conti può nascondere buone benché velleitarie
intenzioni o essere in buona fede o solo psichicamente turbata o immatura, come
per esempio i giovani.
Facilmente
l’ipocrita si propone al pubblico come austero moralizzatore di tali persone,
mentre egli nell’intimo è molto peggio di loro. Tutto ciò concorre alla
creazione della sua immagine o, come si dice, dal suo look, di persona ragguardevole e moralmente
esemplare. Per esempio, da una parte si scaglia inorridito contro i pedofili e
dall’altra favorisce o approva subdolamente l’eresia e la dissoluzione della
fede.
L’ipocrita
può avere ottime maniere, egli è “falso e cortese”, può essere una persona
altolocata o socialmente influente, ma intanto cova magari a lungo il veleno
nel suo cuore, veleno che all’occasione non mancherà di sputare contro il
povero malcapitato indifeso che si fida di lui; dal che si riconosce la
presenza di questo cancro in persone che magari un momento prima hanno pregato
con te, ti hanno trattato con la massima gentilezza e cortesia, ti danno alla
Messa il segno della pace, senza risparmiare lodi e complimenti. Come non
sdegnarsi davanti a simili comportamenti? Da qui comprendiamo lo sdegno di
Cristo.
L’ipocrisia
dunque è un vizio calcolato, potremmo dire “intelligente”, frequente nelle
persone colte, e il suo atto è studiosamente modellato e premeditato con una
specie di astuzia o falsa prudenza che la Scrittura chiama “prudenza della
carne”, che sa attendere il momento opportuno e le circostanze favorevoli con
una perfida pazienza ed abilità, che a volte stupisce.
Al
poveraccio che non ha niente da perdere l’ipocrisia non interessa. E forse è
proprio lui un miglior candidato al regno dei cieli. L’ipocrita si finge amico,
ma intanto trama nell’ombra e colpisce improvvisamente l’innocente alle spalle
restando nascosto, come un serpente che ti morde. Ecco perché Gesù chiama
gli ipocriti “serpenti” e “razza di vipere”.
Gesù
chiama “lievito” (Lc 12,1) questo vizio, perché sembra stimolare ed incentivare
l’azione e l’affermazione di sé magari grazie a una falsa spiritualità o a
grandi opere nelle quali si cerca di figurare agli occhi del mondo. Tale
atteggiamento può dare addirittura a certi pastori ambiziosi l’illusione o
l’apparenza di lavorare in modo “aggiornato” per la Chiesa e per le anime.
E invece, per dirla sempre col Signore, gli ipocriti percorrono
terra e mare, ossia si danno un gran da fare con un enorme dispendio di mezzi,
per procurarsi poi dei discepoli e successori che sono peggio di loro.
Così si
spiegano le osservazioni che già troviamo nell'Antico Testamento: “Questo
popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me” (Is 29,13,
ripreso da Gesù in M; 7,6); “con la bocca benedicono e maledicono nel loro
cuore” (Sal 62,5); “il nemico ha il dolce sulle labbra” (Sir 12, 16-18);
“veleno d’aspide sotto le loro labbra” (Sal 140,4); “parla di pace, ma nell'intimo ordisce un tranello” (Ger 9,7); “untuosa è la sua bocca, ma nel
cuore ha la guerra” (Sal 55, 21-22); “davanti a te il suo parlare è tutto
dolce, ammira i tuoi discorsi, ma alle tue spalle cambierà il suo parlare e
porrà inciampo alle tue parole” (Sir 22,26). Questo poi magari lo veniamo a
sapere da altri e ci accorgiamo con chi abbiamo avuto a che fare.
Ma
l’ipocrita è difficilmente guaribile, proprio perché questo peccato non è un
impulso costringente come quello di una cattiva passione che in fondo il
soggetto non vorrebbe, per cui egli dolorosamente dice con Seneca. “video bona
proboque, deteriora sequor”, no,
l’ipocrisia è una precisa voluta e sistematica scelta di condotta. Certo essa può trarre
occasione dall'invidia, può nascere dalla ribellione del vecchio Adamo contro
Dio, può sorgere dall'egoismo, dall'ambizione, dal desiderio di emergere o da
fallimenti, disillusioni o frustrazioni subite.
L’ipocrita è difficilmente guaribile perché, a causa della sua
superbia e ostinazione, è incapace di pentimento. Essendo legge a se stesso,
ritiene di non peccare mai, mentre è immerso nel peccato fino al collo. Come
prova di ciò basterebbe considerare il fatto che i farisei non si sono affatto
pentiti neppure davanti all'esempio e alle parole di Gesù: anzi ciò li ha
maggiorate irritati costituendo Gesù un richiamo perentorio alla loro coscienza
per loro insopportabile.
L’ipocrita
dà mostra di una spavalda allegria e sicurezza, ma in realtà non può soffocare
del tutto la voce della coscienza che lo tormenta, e questo stesso fatto è il
residuo di dignità che gli resta: in ogni momento egli ha la possibilità di
ascoltarla e di convertirsi.
L’ipocrisia
è per sua essenza un vizio nascosto, come un cancro che a tutta prima non dà
segni della sua esistenza, ma al contrario l’individuo sembra sano. Ma è un
vizio grave proprio perché proviene dall'intimo, dal cuore, mentre i fatti
esterni sembrano buoni.
E’
possibile in qualche modo almeno per un certo tempo fingere la virtù, fingere
la santità. Eppure ad un’attenta analisi, come si fa con i tumori, è
possibile svelare questo vizio. In sostanza l’ipocrita è un falsario, è un
impostore, è una persona insincera. Con la sua astuzia diabolica può ingannare
per un certo tempo anche un santo, anche un prudente pastore, ma prima o poi le
sue insidie appaiono alla luce soprattutto per i frutti amari che esse
producono.
Il
rimedio all'ipocrisia è la sincerità. Ma occorre intendersi su questa parola.
Non si tratta, come alcuni credono, di quella “sincerità” con la quale uno
vomita al di fuori senza ritegno e a ruota libera tutto il fango o l’astio che
ha nel suo cuore o che emerge dal subconscio, quasi fosse una “ipocrisia” il
tentativo di frenare il torrente fangoso o di reprimere questo sfogo violento
ed offensivo.
Al
contrario, la vera sincerità è il possesso di una carità sincera, che non si
limita a tener dentro l’odio e il disprezzo. Il che non risolverebbe niente. Si
tratta dunque di purificare l’interno, affinché
anche la sua espressione esterna sia limpida e pura.
L’ipocrita
è uno che sovverte i valori; mette in primo piano ciò che deve stare sotto,
ossia i valori esterni e il proprio io empirico, e pone in secondo piano,
funzionale ai primi, i massimi valori, quelli interiori, dello spirito e
divini. Da qui la sua doppiezza, slealtà ed incoerenza, che sfocia nel
tentativo di servire due padroni;
quello vero, ossia Dio, al quale non può sfuggire e quello che si è imposto o
alla seduzione del quale ha ceduto, il proprio io, sorgente della sua ambizione
e del suo egoismo.
Rimedio di fondo è dunque l’umiltà, con la
quale riconosciamo la nostra dipendenza da Dio nelle piccole come nelle grandi
cose, in modo che l’utile sia ordinato all'onesto, il mezzo al fine; all'apparire corrisponda l’essere, alla parola corrispondano i fatti, l’esterno
manifesti l’interno e su di esso si fondi, il materiale sia ordinato allo
spirituale e l’uomo a Dio.
+Mario Metodio
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